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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Dipartimento per l’Istruzione

Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione

LINEE GUIDA

PER IL DIRITTO ALLO STUDIO

DEGLI ALUNNI E DEGLI STUDENTI

CON DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

ALLEGATE AL DECRETO MINISTERIALE 12 LUGLIO 2011

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - D.G. per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione

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LINEE GUIDA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO DEGLI ALUNNI E DEGLI STUDENTI CON DSA

SOMMARIO

Premessa

1. I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO…………………………………………4

1.1 La dislessia

1.2 La disgrafia e la disortografia

1.3 La discalculia

1.4 La comorbilità

2. L’OSSERVAZIONE IN CLASSE……………………………………………………….5

2.1 Osservazione e prestazioni atipiche

2.2 Osservazione degli stili di apprendimento

3. DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA E PERSONALIZZATA

STRUMENTI COMPENSATIVI, MISURE DISPENSATIVE……………………………….6

3.1 Documentazione dei percorsi didattici

4. UNA DIDATTICA PER GLI ALUNNI CON DSA…………………………………………8

4.1 Scuola dell’infanzia

4.2 Scuola primaria

4.3 Scuola secondaria di I e di II grado

4.3.1 Disturbo di lettura

4.3.2 Disturbo di scrittura

4.3.3. Area del calcolo

4.4 Didattica per le lingue straniere

5. LA DIMENSIONE RELAZIONALE…………………………………………………….20

6. CHI FA CHE COSA…………………………………………………………………..21

6.1 Gli Uffici Scolastici Regionali

6.2 Il Dirigente scolastico

6.3 Il Referente di istituto

6.4 I Docenti

6.5 La Famiglia

6.6 Gli Studenti

6.7 Gli Atenei

7. LA FORMAZIONE……………………………………………………………………27

7.1 I contenuti della formazione

7.2 Corso di perfezionamento e Master in

Didattica e psicopedagogia per i Disturbi Specifici di Apprendimento

7.3 Il progetto “NTD” e il progetto “A scuola di dislessia”

7.4 I CTS – Centri Territoriali di Supporto

7.5 Supporto informativo alla formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici

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LINEE GUIDA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO DEGLI ALUNNI E DEGLI STUDENTI CON DSA

Premessa

La legge 8 ottobre 2010, n. 170, riconosce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la

discalculia come Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), assegnando al sistema nazionale di

istruzione e agli atenei il compito di individuare le forme didattiche e le modalità di valutazione più

adeguate affinché alunni e studenti con DSA possano raggiungere il successo formativo.

Per la peculiarità dei Disturbi Specifici di Apprendimento, la Legge apre, in via generale, un

ulteriore canale di tutela del diritto allo studio, rivolto specificamente agli alunni con DSA, diverso

da quello previsto dalla legge 104/1992. Infatti, il tipo di intervento per l’esercizio del diritto allo

studio previsto dalla Legge si focalizza sulla didattica individualizzata e personalizzata, sugli

strumenti compensativi, sulle misure dispensative e su adeguate forme di verifica e valutazione.

A questo riguardo, la promulgazione della legge 170/2010 riporta in primo piano un

importante fronte di riflessione culturale e professionale su ciò che oggi significa svolgere la

funzione docente. Le Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito

scolastico sollecitano ancora una volta la scuola - nel contesto di flessibilità e di autonomia avviato

dalla legge 59/99 – a porre al centro delle proprie attività e della propria cura la persona, sulla base

dei principi sanciti dalla legge 53/2003 e dai successivi decreti applicativi: “La definizione e la

realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e

complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue

fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione. “

In tale contesto, si inserisce la legge 170/2010, rivolta ad alunni che necessitano, oltre ai

prioritari interventi di didattica individualizzata e personalizzata, anche di specifici strumenti e

misure che derogano da alcune prestazioni richieste dalla scuola. Per consentire, pertanto, agli

alunni con DSA di raggiungere gli obiettivi di apprendimento, devono essere riarticolate le modalità

didattiche e le strategie di insegnamento sulla base dei bisogni educativi specifici, in tutti gli ordini

e gradi di scuola.

Le Linee guida presentano alcune indicazioni, elaborate sulla base delle più recenti

conoscenze scientifiche, per realizzare interventi didattici individualizzati e personalizzati, nonché

per utilizzare gli strumenti compensativi e per applicare le misure dispensative. Esse indicano il

livello essenziale delle prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche e agli atenei per garantire il

diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA.

Il documento presenta la descrizione dei Disturbi Specifici di Apprendimento, amplia alcuni

concetti pedagogico-didattici ad essi connessi e illustra le modalità di valutazione per il diritto allo

studio degli alunni e degli studenti con DSA nelle istituzioni scolastiche e negli atenei. Un capitolo

è poi dedicato ai compiti e ai ruoli assunti dai diversi soggetti coinvolti nel processo di inclusione

degli alunni e degli studenti con DSA: uffici scolastici regionali, istituzioni scolastiche (dirigenti,

docenti, alunni e studenti), famiglie, atenei. L’ultimo, è dedicato alla formazione.

Sul sito internet del MIUR, presso l’indirizzo web http://www.istruzione.it/web/istruzione/dsa,

è possibile visionare schede di approfondimento, costantemente aggiornate, relative alla dislessia,

alla disortografia e disgrafia, alla discalculia, alla documentazione degli interventi didattici attivati

dalla scuola (come per esempio il Piano Didattico Personalizzato) e alle varie questioni inerenti i

DSA che si porranno con l’evolvere della ricerca scientifica.

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1. I DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

I Disturbi Specifici di Apprendimento interessano alcune specifiche abilità

dell’apprendimento scolastico, in un contesto di funzionamento intellettivo adeguato all’età

anagrafica. Sono coinvolte in tali disturbi: l’abilità di lettura, di scrittura, di fare calcoli. Sulla base

dell’abilità interessata dal disturbo, i DSA assumono una denominazione specifica: dislessia

(lettura), disgrafia e disortografia (scrittura), discalculia (calcolo).

Secondo le ricerche attualmente più accreditate, i DSA sono di origine neurobiologica; allo

stesso tempo hanno matrice evolutiva e si mostrano come un’atipia dello sviluppo, modificabili

attraverso interventi mirati.

Posto nelle condizioni di attenuare e/o compensare il disturbo, infatti, il discente può

raggiungere gli obiettivi di apprendimento previsti. E’ da notare, inoltre (e ciò non è affatto

irrilevante per la didattica), che gli alunni con DSA sviluppano stili di apprendimento specifici, volti

a compensare le difficoltà incontrate a seguito del disturbo.

1.1 La dislessia

Da un punto di vista clinico, la dislessia si manifesta attraverso una minore correttezza e

rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata,

istruzione ricevuta.

Risultano più o meno deficitarie - a seconda del profilo del disturbo in base all’età - la lettura

di lettere, di parole e non-parole, di brani. In generale, l’aspetto evolutivo della dislessia può farlo

somigliare a un semplice rallentamento del regolare processo di sviluppo. Tale considerazione è

utile per l’individuazione di eventuali segnali anticipatori, fin dalla scuola dell’infanzia.

1.2 La disgrafia e la disortografia

Il disturbo specifico di scrittura si definisce disgrafia o disortografia, a seconda che interessi

rispettivamente la grafia o l’ortografia. La disgrafia fa riferimento al controllo degli aspetti grafici,

formali, della scrittura manuale, ed è collegata al momento motorio-esecutivo della prestazione; la

disortografia riguarda invece l’utilizzo, in fase di scrittura, del codice linguistico in quanto tale.

La disgrafia si manifesta in una minore fluenza e qualità dell’aspetto grafico della scrittura, la

disortografia è all’origine di una minore correttezza del testo scritto; entrambi, naturalmente, sono

in rapporto all’età anagrafica dell’alunno.

In particolare, la disortografia si può definire come un disordine di codifica del testo scritto,

che viene fatto risalire ad un deficit di funzionamento delle componenti centrali del processo di

scrittura, responsabili della transcodifica del linguaggio orale nel linguaggio scritto.

1.3 La discalculia

La discalculia riguarda l’abilità di calcolo, sia nella componente dell’organizzazione della

cognizione numerica (intelligenza numerica basale), sia in quella delle procedure esecutive e del

calcolo.

Nel primo ambito, la discalculia interviene sugli elementi basali dell’abilità numerica: il

subitizing (o riconoscimento immediato di piccole quantità), i meccanismi di quantificazione, la

seriazione, la comparazione, le strategie di composizione e scomposizione di quantità, le strategie di

calcolo a mente.

Nell’ambito procedurale, invece, la discalculia rende difficoltose le procedure esecutive per lo

più implicate nel calcolo scritto: la lettura e scrittura dei numeri, l’incolonnamento, il recupero dei

fatti numerici e gli algoritmi del calcolo scritto vero e proprio.

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1.4 La comorbilità

Pur interessando abilità diverse, i disturbi sopra descritti possono coesistere in una stessa

persona - ciò che tecnicamente si definisce “comorbilità”.

Ad esempio, il Disturbo del Calcolo può presentarsi in isolamento o in associazione (più

tipicamente) ad altri disturbi specifici.

La comorbilità può essere presente anche tra i DSA e altri disturbi di sviluppo (disturbi di

linguaggio, disturbi di coordinazione motoria, disturbi dell’attenzione) e tra i DSA e i disturbi

emotivi e del comportamento.

In questo caso, il disturbo risultante è superiore alla somma delle singole difficoltà, poiché

ognuno dei disturbi implicati nella comorbilità influenza negativamente lo sviluppo delle abilità

complessive.

2. OSSERVAZIONE IN CLASSE

I Disturbi Specifici di Apprendimento hanno una componente evolutiva che comporta la loro

manifestazione come ritardo e/o atipia del processo di sviluppo, definito sulla base dell’età

anagrafica e della media degli alunni o degli studenti presenti nella classe.

Alcune ricerche hanno inoltre evidenziato che ai DSA si accompagnano stili di apprendimento

e altre caratteristiche cognitive specifiche, che è importante riconoscere per la predisposizione di

una didattica personalizzata efficace.

Ciò assegna alla capacità di osservazione degli insegnanti un ruolo fondamentale, non solo nei

primi segmenti dell’istruzione - scuola dell’infanzia e scuola primaria - per il riconoscimento di un

potenziale disturbo specifico dell’apprendimento, ma anche in tutto il percorso scolastico, per

individuare quelle caratteristiche cognitive su cui puntare per il raggiungimento del successo

formativo.

2.1 Osservazione delle prestazioni atipiche

Per individuare un alunno con un potenziale Disturbo Specifico di Apprendimento, non

necessariamente si deve ricorrere a strumenti appositi, ma può bastare, almeno in una prima fase,

far riferimento all’osservazione delle prestazioni nei vari ambiti di apprendimento interessati dal

disturbo: lettura, scrittura, calcolo.

Ad esempio, per ciò che riguarda la scrittura, è possibile osservare la presenza di errori

ricorrenti, che possono apparire comuni ed essere frequenti in una fase di apprendimento o in una

classe precedente, ma che si presentano a lungo ed in modo non occasionale. Nei ragazzi più grandi

è possibile notare l’estrema difficoltà a controllare le regole ortografiche o la punteggiatura.

Per quanto concerne la lettura, possono essere indicativi il permanere di una lettura sillabica

ben oltre la metà della prima classe primaria; la tendenza a leggere la stessa parola in modi diversi

nel medesimo brano; il perdere frequentemente il segno o la riga.

Quando un docente osserva tali caratteristiche nelle prestazioni scolastiche di un alunno,

predispone specifiche attività di recupero e potenziamento. Se, anche a seguito di tali interventi,

l’atipia permane, sarà necessario comunicare alla famiglia quanto riscontrato, consigliandola di

ricorrere ad uno specialista per accertare la presenza o meno di un disturbo specifico di

apprendimento.

È bene precisare che le ricerche in tale ambito rilevano che circa il 20% degli alunni (soprattutto

nel primo biennio della scuola primaria), manifestano difficoltà nelle abilità di base coinvolte dai

Disturbi Specifici di Apprendimento. Di questo 20%, tuttavia, solo il tre o quattro per cento

presenteranno un DSA. Ciò vuol dire che una prestazione atipica solo in alcuni casi implica un disturbo.

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2.2 Osservazione degli stili di apprendimento

Gli individui apprendono in maniera diversa uno dall’altro secondo le modalità e le strategie

con cui ciascuno elabora le informazioni. Un insegnamento che tenga conto dello stile di

apprendimento dello studente facilita il raggiungimento degli obiettivi educativi e didattici.

Ciò è significativo per l’argomento in questione, in quanto se la costruzione dell’attività

didattica, sulla base di un determinato stile di apprendimento, favorisce in generale tutti gli alunni,

nel caso invece di un alunno con DSA, fare riferimento nella prassi formativa agli stili di

apprendimento e alle diverse strategie che lo caratterizzano, diventa un elemento essenziale e

dirimente per il suo successo scolastico.

3. LA DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA E PERSONALIZZATA.

STRUMENTI COMPENSATIVI E MISURE DISPENSATIVE.

La Legge 170/2010 dispone che le istituzioni scolastiche garantiscano «l’uso di una didattica

individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano

conto anche di caratteristiche peculiari del soggetto, quali il bilinguismo, adottando una

metodologia e una strategia educativa adeguate».

I termini individualizzata e personalizzata non sono da considerarsi sinonimi. In letteratura, la

discussione in merito è molto ampia e articolata. Ai fini di questo documento, è possibile

individuare alcune definizioni che, senza essere definitive, possono consentire di ragionare con un

vocabolario comune.

E’ comunque preliminarmente opportuno osservare che la Legge 170/2010 insiste più volte

sul tema della didattica individualizzata e personalizzata come strumento di garanzia del diritto allo

studio, con ciò lasciando intendere la centralità delle metodologie didattiche, e non solo degli

strumenti compensativi e delle misure dispensative, per il raggiungimento del successo formativo

degli alunni con DSA.

“Individualizzato” è l’intervento calibrato sul singolo, anziché sull’intera classe o sul piccolo

gruppo, che diviene “personalizzato” quando è rivolto ad un particolare discente.

Più in generale - contestualizzandola nella situazione didattica dell’insegnamento in classe -

l’azione formativa individualizzata pone obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo-classe,

ma è concepita adattando le metodologie in funzione delle caratteristiche individuali dei discenti,

con l’obiettivo di assicurare a tutti il conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo,

comportando quindi attenzione alle differenze individuali in rapporto ad una pluralità di dimensioni.

L’azione formativa personalizzata ha, in più, l’obiettivo di dare a ciascun alunno l’opportunità

di sviluppare al meglio le proprie potenzialità e, quindi, può porsi obiettivi diversi per ciascun

discente, essendo strettamente legata a quella specifica ed unica persona dello studente a cui ci

rivolgiamo.

Si possono quindi proporre le seguenti definizioni.

La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere

l’alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze, anche nell’ambito

delle strategie compensative e del metodo di studio; tali attività individualizzate possono essere

realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le

forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente.

La didattica personalizzata, invece, anche sulla base di quanto indicato nella Legge 53/2003 e

nel Decreto legislativo 59/2004, calibra l’offerta didattica, e le modalità relazionali, sulla specificità

ed unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe,

considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo; si può favorire, così,

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l’accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue ‘preferenze’

e del suo talento. Nel rispetto degli obiettivi generali e specifici di apprendimento, la didattica

personalizzata si sostanzia attraverso l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche,

tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno: l’uso dei mediatori

didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), l’attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione

degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell’ottica di promuovere un apprendimento

significativo.

La sinergia fra didattica individualizzata e personalizzata determina dunque, per l’alunno e lo

studente con DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli obiettivi di

apprendimento.

La Legge 170/2010 richiama inoltre le istituzioni scolastiche all’obbligo di garantire

«l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le

tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini

della qualità dei concetti da apprendere».

Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano

la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria.

Fra i più noti indichiamo:

· la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto;

· il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non scrivere gli appunti della

lezione;

· i programmi di video scrittura con correttore ortografico, che permettono la produzione di

testi sufficientemente corretti senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale

correzione degli errori;

· la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo;

· altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle, formulari, mappe concettuali,

etc.

Tali strumenti sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa

dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo. L’utilizzo di tali

strumenti non è immediato e i docenti - anche sulla base delle indicazioni del referente di istituto -

avranno cura di sostenerne l’uso da parte di alunni e studenti con DSA.

Le misure dispensative sono invece interventi che consentono all’alunno o allo studente di non

svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che

non migliorano l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere a un alunno con dislessia un

lungo brano, in quanto l’esercizio, per via del disturbo, non migliora la sua prestazione nella lettura.

D’altra parte, consentire all’alunno o allo studente con DSA di usufruire di maggior tempo per

lo svolgimento di una prova, o di poter svolgere la stessa su un contenuto comunque

disciplinarmente significativo ma ridotto, trova la sua ragion d’essere nel fatto che il disturbo li

impegna per più tempo dei propri compagni nella fase di decodifica degli items della prova. A

questo riguardo, gli studi disponibili in materia consigliano di stimare, tenendo conto degli indici di

prestazione dell’allievo, in che misura la specifica difficoltà lo penalizzi di fronte ai compagni e di

calibrare di conseguenza un tempo aggiuntivo o la riduzione del materiale di lavoro. In assenza di

indici più precisi, una quota del 30% in più appare un ragionevole tempo aggiuntivo.

L’adozione delle misure dispensative, al fine di non creare percorsi immotivatamente

facilitati, che non mirano al successo formativo degli alunni e degli studenti con DSA, dovrà essere

sempre valutata sulla base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo

tale, comunque, da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento

dell’alunno o dello studente in questione.

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3.1 Documentazione dei percorsi didattici

Le attività di recupero individualizzato, le modalità didattiche personalizzate, nonché gli

strumenti compensativi e le misure dispensative dovranno essere dalle istituzioni scolastiche

esplicitate e formalizzate, al fine di assicurare uno strumento utile alla continuità didattica e alla

condivisione con la famiglia delle iniziative intraprese.

A questo riguardo, la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non

superino il primo trimestre scolastico, un documento che dovrà contenere almeno le seguenti voci,

articolato per le discipline coinvolte dal disturbo:

· dati anagrafici dell’alunno;

· tipologia di disturbo;

· attività didattiche individualizzate;

· attività didattiche personalizzate;

· strumenti compensativi utilizzati;

· misure dispensative adottate;

· forme di verifica e valutazione personalizzate.

Nella predisposizione della documentazione in questione è fondamentale il raccordo con la

famiglia, che può comunicare alla scuola eventuali osservazioni su esperienze sviluppate dallo

studente anche autonomamente o attraverso percorsi extrascolastici.

Sulla base di tale documentazione, nei limiti della normativa vigente, vengono predisposte le

modalità delle prove e delle verifiche in corso d’anno o a fine Ciclo.

Tale documentazione può acquisire la forma del Piano Didattico Personalizzato.

A titolo esemplificativo, vengono pubblicati sul sito del MIUR

(http://www.istruzione.it/web/istruzione/dsa) alcuni modelli di Piano Didattico Personalizzato.

Nella stessa pagina web dedicata ai DSA, potranno essere consultati ulteriori modelli, selezionati

sulla base delle migliori pratiche realizzate dalle scuole o elaborati in sede scientifica.

4. UNA DIDATTICA PER GLI ALUNNI CON DSA

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo incremento in ambito clinico degli

studi, delle ricerche e delle attività scientifiche sul tema dei DSA. Consultando la bibliografia in

argomento, si rileva infatti una quantità preponderante di pubblicazioni nei settori della clinica e

delle neuroscienze, rispetto a quelli pedagogico-didattici. In tempi più recenti, anche per le

dimensioni che ha assunto il fenomeno nelle nostre scuole, oltre che per l’attenzione determinata

dagli interventi legislativi in materia, si è manifestato un sempre maggiore interesse per la messa a

punto e l’aggiornamento di metodologie didattiche a favore dei bambini con DSA.

Sulla base di una impostazione tuttora ritenuta valida, la didattica trae orientamento da

considerazioni di carattere psicopedagogico. A tale riguardo, può essere utile far riferimento a testi

redatti nell’ambito di studi e ricerche che si concentrano sul comportamento manifesto, sulla

fenomenologia dei DSA, senza tralasciare di indagare e di interpretare i modi interiori

dell’esperienza. In tale ambito, si cerca di indagare il mondo del bambino dislessico secondo la sua

prospettiva, non come osservatori esterni. Si porta il lettore attraverso vari esempi a comprendere

come il bambino dislessico non riesce a mettersi da un punto di vista unitario, ciò che provoca una

corsa ai punti di riferimento, poiché ad ogni movimento verso il mondo sorge spontaneamente un

doppio significato. Un esempio è quello del turista che si trova in Inghilterra dove vi è un sistema di

guida diverso e dove si fa fatica a guadagnare nuovi punti di riferimento. E vi è l’esempio di un

Paese ancora più insolito dove la barriera del linguaggio è raddoppiata da quella dei significati.

Immaginiamo di trovarci in un posto con una lingua totalmente diversa o che non riusciamo a ben

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comprendere: sentiamo sorgere un senso di profondo disagio perché manca “una comunicazione

completa, reale, intima”. Ma riusciamo a tranquillizzarci perché il nostro soggiorno avrà termine e,

con il rientro a casa, potremo tornare ad esprimerci, a parlare in rapporto allo stesso quadro di

riferimento, a trovare uno scambio vero, uno scambio pieno. Pensiamo invece al disagio di questi

bambini che non possono tornare a casa, in un mondo dove devono rincorrere punti di

riferimento…che rimangono stranieri, soprattutto se noi siamo per loro stranieri, chiudendoci

nell’incomprensione.

Da tali indicazioni si può prendere spunto per trarre orientamento nella prassi pedagogicodidattica.

Gli insegnanti possono “riappropriarsi” di competenze educativo-didattiche anche

nell’ambito dei DSA, laddove lo spostamento del baricentro in ambito clinico aveva invece portato

sempre più a delegare a specialisti esterni funzioni proprie della professione docente o a mutuare la

propria attività sul modello degli interventi specialistici, sulla base della consapevolezza della

complessità del problema e delle sue implicazioni neurobiologiche.

Ora, la complessità del problema rimane attuale e la validità di un apporto specialistico,

ovvero di interventi diagnostici e terapeutici attuati da psicologi, logopedisti e neuropsichiatri in

sinergia con il personale della scuola non può che essere confermata; tuttavia – anche in

considerazione della presenza sempre più massiccia di alunni con DSA nelle classi – diviene

sempre più necessario fare appello alle competenze psicopedagogiche dei docenti ‘curricolari’ per

affrontare il problema, che non può più essere delegato tout court a specialisti esterni.

È appena il caso di ricordare che nel profilo professionale del docente sono ricomprese, oltre

alle competenze disciplinari, anche competenze psicopedagogiche (Cfr. art. 27 CCNL). Gli

strumenti metodologici per interventi di carattere didattico fanno parte, infatti, dello “strumentario”

di base che è patrimonio di conoscenza e di abilità di ciascun docente. Tuttavia, è pur vero che la

competenza psicopedagogica, in tal caso, deve poter essere aggiornata e approfondita.

È per questo che il MIUR già da anni promuove azioni di formazione sul territorio e, da

ultimo, ha sottoscritto un accordo quadro per l’alta formazione in ambito universitario sul tema dei

DSA (si veda il paragrafo 7, sulla formazione). Si tratta di percorsi comuni per quanto riguarda

l’approccio psicopedagogico, ma differenziati rispetto agli ordini e gradi di scuola. Vi sono infatti

peculiarità dell’azione didattica che vanno attentamente considerate.

In tal senso, la Scuola dell’Infanzia svolge un ruolo di assoluta importanza sia a livello

preventivo, sia nella promozione e nell’avvio di un corretto e armonioso sviluppo – del miglior

sviluppo possibile - del bambino in tutto il percorso scolare, e non solo. Occorre tuttavia porre

attenzione a non precorrere le tappe nell’insegnamento della letto-scrittura, anche sulla scia di

dinamiche innestate in ambiente familiare o indotte dall’uso di strumenti multimediali. La Scuola

dell’Infanzia, infatti, “esclude impostazioni scolasticistiche che tendono a precocizzare gli

apprendimenti formali”. Invece, coerentemente con gli orientamenti e le indicazioni che si sono

succeduti negli ultimi decenni, la Scuola dell’Infanzia ha il compito di “rafforzare l’identità

personale, l’autonomia e le competenze dei bambini”, promuovendo la “maturazione dell’identità

personale,… in una prospettiva che ne integri tutti gli aspetti (biologici, psichici, motori,

intellettuali, sociali, morali e religiosi)”, mirando a consolidare “le capacità sensoriali, percettive,

motorie, sociali, linguistiche ed intellettive del bambino”.

Come è noto, la diagnosi di DSA può essere formulata con certezza alla fine della seconda

classe della scuola primaria. Dunque, il disturbo di apprendimento è conclamato quando già il

bambino ha superato il periodo di insegnamento della letto-scrittura e dei primi elementi del

calcolo. Ma è questo il periodo cruciale e più delicato tanto per il dislessico, che per il disgrafico, il

disortografico e il discalculico.

Se, ad esempio, in quella classe si è fatto ricorso a metodologie non adeguate, senza prestare

la giusta attenzione alle esigenze formative ed alle ‘fragilità’ di alcuni alunni, avremo non soltanto

perduto un’occasione preziosa per far sviluppare le migliori potenzialità di quel bambino, ma forse

avremo anche minato seriamente il suo percorso formativo.

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Per questo assume importanza fondamentale che sin dalla scuola dell’Infanzia si possa

prestare attenzione a possibili DSA e porre in atto tutti gli interventi conseguenti, ossia – in primis –

tutte le strategie didattiche disponibili. Se poi l’osservazione pedagogica o il percorso clinico

porteranno a constatare che si è trattato di una mera difficoltà di apprendimento anziché di un

disturbo, sarà meglio per tutti. Si deve infatti sottolineare che le metodologie didattiche adatte per i

bambini con DSA sono valide per ogni bambino, e non viceversa.

4.1 Scuola dell’infanzia

È importante identificare precocemente le possibili difficoltà di apprendimento e riconoscere

i segnali di rischio già nella scuola dell’infanzia.

Il bambino che confonde suoni, non completa le frasi, utilizza parole non adeguate al

contesto o le sostituisce, omette suoni o parti di parole, sostituisce suoni, lettere ( p/b…) e ha

un’espressione linguistica inadeguata, va supportato con attività personalizzate all’interno del

gruppo.

Il bambino che mostra, a cinque anni, queste difficoltà, può essere goffo, avere poca abilità

nella manualità fine, a riconoscere la destra e la sinistra o avere difficoltà in compiti di memoria a

breve termine, ad imparare filastrocche, a giocare con le parole.

Questi bambini vanno riconosciuti e supportati adeguatamente: molto si può e si deve fare.

Solo in una scuola vissuta come contesto di relazione di apprendimento si può stabilire un rapporto

positivo tra bambino ed adulto che ascolta, accoglie, sostiene e propone. In una scuola dove la

collaborazione, la sinergia, la condivisione degli stili educativi tra le insegnanti, tra queste e la

famiglia ed a volte con i servizi territoriali funzionano, è più facile andare incontro al bisogno

educativo del bambino.

In una scuola che vive nell’ottica dell’inclusione, il lavoro in sezione si svolge in un clima

sereno, caldo ed accogliente, con modalità differenziate. Si dovrà privilegiare l’uso di metodologie

di carattere operativo su quelle di carattere trasmissivo, dare importanza all’attività psicomotoria,

stimolare l’espressione attraverso tutti i linguaggi e favorire una vita di relazione caratterizzata da

ritualità e convivialità serena. Importante risulterà la narrazione, l’invenzione di storie, il loro

completamento, la loro ricostruzione, senza dimenticare la memorizzazione di filastrocche, poesie e

conte, nonché i giochi di manipolazione dei suoni all’interno delle parole.

È bene ricordare che l’uso eccessivo di schede prestampate, a volte decisamente poco

originali, smorza la creatività e l’espressività del bambino.

Un’accurata attenzione ai processi di apprendimento dei bambini permette di individuare

precocemente eventuali situazioni di difficoltà. E' pertanto fondamentale l’osservazione sistematica

portata avanti con professionalità dai docenti, che in questo grado scolastico devono tenere

monitorate le abilità relative alle capacità percettive, motorie, linguistiche, attentive e mnemoniche.

Durante la scuola dell’infanzia è possibile individuare la presenza di situazioni problematiche che

possono estrinsecarsi come difficoltà di organizzazione e integrazione spazio-temporale, difficoltà

di memorizzazione, lacune percettive, difficoltà di linguaggio verbale.

Un alunno con DSA potrà venire diagnosticato solo dopo l'ingresso nella scuola primaria,

quando le difficoltà eventuali interferiscano in modo significativo con gli obiettivi scolastici o con

le attività della vita quotidiana che richiedono capacità formalizzate di lettura, di scrittura e di

calcolo. Tuttavia, durante la scuola dell'infanzia l'insegnante potrà osservare l'emergere di difficoltà

più globali, ascrivibili ai quadri di DSA, quali difficoltà grafo-motorie, difficoltà di orientamento e

integrazione spazio-temporale, difficoltà di coordinazione oculo-manuale e di coordinazione

dinamica generale, dominanza laterale non adeguatamente acquisita, difficoltà nella

discriminazione e memorizzazione visiva sequenziale, difficoltà di orientamento nel tempo scuola,

difficoltà nell’esecuzione autonoma delle attività della giornata, difficoltà ad orientarsi nel tempo

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prossimale (ieri, oggi, domani). L'insegnante potrà poi evidenziare caratteristiche che

accompagnano gli alunni in attività specifiche, come quelle di pregrafismo, dove è possibile notare

lentezza nella scrittura, pressione debole o eccessiva esercitata sul foglio, discontinuità nel gesto,

ritoccatura del segno già tracciato, direzione del gesto grafico, occupazione dello spazio nel foglio.

Attraverso gli esercizi di grafica, si lavora sulla motricità fine, sulla funzionalità della mano e,

contemporaneamente, sull’organizzazione mentale, ovvero sul nesso tra l’assunzione immaginativa di

un dato ed il suo tradursi in azione. Il bambino non “copia” le forme, ma le elabora interiormente.

Nel disegnare una forma sul foglio, egli fa riferimento ad un tracciato immaginativo interno

frutto di una rappresentazione mentale: la forma grafica, che poi diverrà segno grafico della

scrittura, viene costruita mediante una pluralità ed una complessità di atti che portano alla

raffigurazione di una immagine mentale. Le esercitazioni su schede prestampate dove compaiono

lettere da ricalcare o da completare non giovano all’assunzione di tale compito. La forma grafica

deve essere ben percepita e ricreata con la fantasia immaginativa del bambino, meglio se

sperimentata attraverso il corpo (per es. fatta tracciare sul pavimento camminando o in aria con le

mani; oppure si può tracciare un segno grafico sulla lavagna con la spugna bagnata: una volta

asciugata e dissolta, chiedere di disegnare quel segno sul foglio).

Parimenti, la corretta assunzione dello schema motorio determina la coordinazione dei

movimenti e l’organizzazione dell’azione sul piano fisico.

Nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia, inoltre, la graduale conquista di abilità di

simbolizzazione sempre più complesse può consentire ai docenti di proporre attività didattiche quali

esercizi in forma ludica mirati allo sviluppo di competenze necessarie ad un successivo approccio

alla lingua scritta.

Il linguaggio è il miglior predittore delle difficoltà di lettura, per questo è bene proporre ai

bambini esercizi linguistici - ovvero “operazioni meta fonologiche” - sotto forma di giochi.

Le operazioni metafonologiche richieste per scandire e manipolare le parole a livello sillabico

sono accessibili a bambini che non hanno ancora avuto un’istruzione formale ed esplicita del codice

scritto.

L’operazione metafonologica a livello sillabico (scandire per esempio la parola cane in ca-ne)

consente una fruibilità del linguaggio immediata, in quanto la sillaba ha un legame naturale con la

produzione verbale essendo coincidente con la realtà dei singoli atti articolatori (le due sillabe della

parola ca-ne corrispondono ad altrettanti atti articolatori nell'espressione verbale ed è quindi molto

facilmente identificabile).

Queste attività dovrebbero essere proposte all’interno di un clima sereno, tenendo conto di

tempi di attenzione rapportati all'età dei bambini e senza togliere spazio alle attività precipuamente

ludiche e di esplorazione. Solamente in questo modo diventa possibile garantire la piena

partecipazione di tutti i bambini, nel rispetto dei tempi e delle modalità interattive di ciascuno. Al

tempo stesso i docenti devono intraprendere insieme agli alunni un percorso di insegnamentoapprendimento

all’interno del quale l’osservazione sistematica offra costantemente la possibilità di

conoscere, in ogni momento, la situazione socio-affettiva e cognitiva di ciascun alunno.

La graduale conquista delle capacità motorie, percettive, linguistiche, mnemoniche e

attentive procede parallelamente al processo di concettualizzazione della lingua scritta che non

costituisce un obiettivo della scuola dell'infanzia, ma che nella scuola dell'infanzia deve trovare i

necessari prerequisiti. Infatti, la percezione visiva e uditiva, l’orientamento e l’integrazione spaziotemporale,

la coordinazione oculo-manuale rappresentano competenze che si intrecciano

innanzitutto con una buona disponibilità ad apprendere e con il clima culturale che si respira nella

scuola. Solo successivamente si potrà affrontare l'insegnamento-apprendimento della lettoscrittura

come sistema simbolico rilevante.

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4.1.2 Area del calcolo

Lo sviluppo dell’intelligenza numerica e la prevenzione delle difficoltà di apprendimento del

calcolo rappresenta uno degli obiettivi più importanti della scuola dell’infanzia che si dovrebbe

realizzare attraverso la collaborazione tra scuola, famiglia e, possibilmente, servizi territoriali.

Tale attività si sostanzia in attività di potenziamento e di screening condotte con appropriati

strumenti in grado di identificare i bambini a rischio di DSA e con attività didattiche volte a

potenziare in tutti, ma in particolare modo nei bambini a rischio, i prerequisiti del calcolo che la

ricerca scientifica ha individuato da tempo.

Per imparare a calcolare è necessario che il bambino prima sviluppi i processi mentali

specifici implicati nella cognizione numerica, nella stima di numerosità e nel conteggio.

È importante che un bambino con i bisogni particolari che esprime essendo a rischio di DSA,

sia posto nelle condizioni di imparare a distinguere tra grandezza di oggetti e numerosità degli stessi

e sia avviato all’acquisizione delle parole-numero con la consapevolezza che le qualità percettive

degli oggetti (colori, forme, etc..) possono essere fuorvianti, essendo qualità indipendenti dalla

dimensione di numerosità. Attività, quindi, di stima di piccole numerosità (quanti sono…) e di

confronto di quantità (di più, di meno, tanti quanti…) devono essere promosse e reiterate fino a

quando il bambino riesce a superarle con sicurezza e a colpo d’occhio.

L’acquisizione delle parole-numero dovrà essere accompagnata da numerose attività in grado

di integrarne i diversi aspetti: semantici, lessicali e di successione n+1. Infatti, solo un prolungato

uso del conteggio in situazioni concrete in cui il numero viene manipolato e rappresentato attraverso

i diversi codici (analogico, verbale e arabico, o anche romano) può assicurare l’adeguata

rappresentazione mentale dell’idea di numero, complesso concetto astratto da conquistare

evolutivamente. In altre parole, il bambino deve imparare ad astrarre il concetto di quantità

numerica al di là delle caratteristiche dell’oggetto contato, ad esempio: 3 stelline, 3 quadretti, 3

caramelle o 3 bambole rappresentano sempre la quantità 3, a prescindere dalla dimensione e dalle

caratteristiche fisiche degli oggetti presi in considerazione.

Particolare attenzione didattica va posta anche verso la conquista di abilità più complesse,

quali quelle sintattiche di composizione del numero (es: tante perle in una collana, tante dita in una

mano, tanti bambini in una classe… tanti 1 in un insieme…), di ordinamento di grandezze tra più

elementi e di soluzione di piccoli problemi di vita quotidiana utilizzando il conteggio.

È importante che l’attenzione del bambino sia rivolta agli aspetti quantitativi della realtà e che

impari a usare il numero come strumento per gestire piccoli problemi legati alla quotidianità, come

per esempio predisporre il materiale per un’attività, non in modo approssimato, ma esatto: quanti

bambini? Tanti…..

Queste situazioni informali e ludiche offrono un approccio al numero e al calcolo basato su piccoli

progressi che saranno vissuti come successi e gratificanti, in particolare verso i bambini con difficoltà,

se le figure che si prendono cura dell’educazione del bambino li sapranno cogliere e valorizzare.

4.2 Scuola primaria

4.2.1 Disturbo di lettura e di scrittura

All’inizio della scuola primaria la prevenzione delle difficoltà di apprendimento rappresenta

uno degli obiettivi più importanti della continuità educativa, che si deve realizzare attraverso uno

scambio conoscitivo tra la famiglia, i docenti della scuola dell’infanzia e i docenti della scuola

primaria medesima. In questo modo è possibile che questi ultimi ottengano elementi preconoscitivi,

che saranno poi integrati nella programmazione delle attività della scuola primaria. Solo da una

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conoscenza approfondita degli alunni, il team docente potrà programmare le attività educative e

didattiche, potrà scegliere i metodi e i materiali e stabilire i tempi più adeguati alle esigenze di tutti

gli alunni del gruppo classe.

Spesso nella prima classe della scuola primaria gli insegnanti si lasciano prendere dall’ansia di

dover insegnare presto agli alunni a leggere e scrivere, ostacolando, però, in questo modo, processi

di apprendimento che dovrebbero essere graduali e personalizzati. Ogni bambino ha la propria

storia, la propria personalità, le proprie originali capacità di porsi in relazione con le esperienze, i

propri ritmi di apprendimento e stili cognitivi. È importante offrire agli alunni la possibilità di

maturare le capacità percettivo-motorie e linguistiche, che costituiscono i prerequisiti per la

conquista delle abilità strumentali della letto-scrittura.

Per imparare la corrispondenza biunivoca tra segno e suono di un sistema alfabetico, più che

un impegno cognitivo, sono richieste abilità quali la scomposizione e ricomposizione delle parole in

suoni e il riconoscimento dei segni ad essi associati. Quindi, per imparare la lettura è importante

avere buone capacità di riconoscimento visivo e di analisi di struttura della parola.

I bambini con DSA hanno in genere buone capacità intellettive, ma hanno limitate capacità di

riconoscimento visivo o limitate capacità di analisi fonologica delle parole. A causa di tali

limitazioni specifiche hanno notevoli difficoltà nell’acquisizione delle corrispondenze tra segni

ortografici e suoni, o non riescono a ricostruire la parola partendo dai singoli suoni che la

compongono. Ma è importante ricordare che l’acquisizione dei contenuti non è preclusa all'alunno

con DSA e che quindi le sue difficoltà di lettura e scrittura dovrebbero essere compensate da

strategie, metodologie e strumenti che non compromettano il suo apprendimento.

Al mostrarsi dei primi segni di difficoltà non si deve procedere aumentando la mole degli

esercizi per ottenere dei risultati, ma è necessario effettuare una valutazione accurata che consenta

di capire se e quale tipo di didattica e di supporto sarebbero necessari. Per l'alunno con DSA

l’impatto iniziale con la lingua scritta è molto difficile, poiché la semplice lettura di una parola in

realtà è la risultante di tante singole attività che devono essere affrontate simultaneamente, che

vanno dall’identificazione delle lettere, al riconoscimento del loro valore sonoro, al mantenimento

della sequenza di prestazione (vale a dire di un ritmo di lettoscrittura costante e continuativo), alla

rappresentazione fonologica delle parole, al coinvolgimento del lessico per il riconoscimento del

significato.

È importante che il bambino si senta protagonista di piccoli successi. Sono quindi necessari la

flessibilità nelle proposte didattiche, il successo, le gratificazioni, la finalizzazione delle attività,

così come la condivisione degli obiettivi educativi e didattici fra tutte le figure che si prendono cura

del bambino con DSA: scuola, famiglia e servizi.

Scendendo nello specifico del metodo di insegnamento-apprendimento della lettoscrittura, è

importante sottolineare che la letteratura scientifica più accreditata sconsiglia il metodo globale,

essendo dimostrato che ritarda l’acquisizione di una adeguata fluenza e correttezza di lettura.

Per andare incontro al bisogno educativo speciale dell’alunno con DSA si potrà utilizzare il

metodo fono-sillabico, oppure quello puramente sillabico. Si tratta di approcci integrati che possono

essere utilizzati in fasi diverse.

La metodologia di approccio che inizia e insiste per un tempo lungo sul lavoro sillabico si

fonda sulle seguenti considerazioni.

La possibilità di condurre operazioni metafonologiche analitiche a livello di fonema, cioè di

riflettere sulla struttura fonologica di una parola, è legata all’apprendimento del linguaggio scritto e

all’istruzione formale che accompagna l’apprendimento di un sistema di scrittura alfabetica.

Le singole lettere sono costruzioni mentali effettuate sul continuum del parlato, mentre la

sillaba aperta (consonante - vocale) può essere quindi individuata e utilizzata facilmente anche dal

bambino della scuola dell’infanzia. Si potranno proporre quindi esercizi di sintesi sillabica,

ricostruire una parola a partire dalla sequenza delle sue sillabe, pronunciate ad alta voce

dall'insegnante; esercizi di riconoscimento di sillaba iniziale, finale, intermedia; si possono formare

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treni di parole dove la sillaba finale della prima costituisce quella iniziale della seconda; si possono

proporre inoltre giochi fonologici per il riconoscimento e la produzione di rime, oppure tombole e

domino con immagini e sillabe da associare.

Si dovrà poi, in un secondo tempo, passare al lavoro di tipo fonologico.

I processi di consapevolezza fonologica vengono acquisiti in modo sequenziale e si

strutturano in livelli gerarchici di competenza:

- livello della parola: indica la capacità del soggetto di identificare singole parole all’interno

della frase;

- livello della struttura delle sillabe: indica la capacità del soggetto di identificare parti della

parola, le sillabe e la loro struttura [all'inizio sono più facilmente identificabili quelle dalla struttura

consonante-vocale (ad esempio ta- nella parola tavolo), poi quelle dalla struttura vocale-consonante

(ad esempio al- nella parola albero)];

- livello dei suoni iniziali e finali della parola: indica la capacità, ad esempio, di riconoscere la

rima;

- livello del riconoscimento preciso del suono iniziale e finale della parola;

- livello del riconoscimento di tutti i singoli fonemi della parola.

È opportuno effettuare attività fonologiche nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia e nella

prima e nella seconda classe della scuola primaria. Si potrà dedicare ogni giorno una parte

dell’attività didattica ad esercizi fonologici all’inizio delle attività o tra un’attività e l’altra, o

quando c’è bisogno di recuperare l’attenzione, a classe intera o a piccoli gruppi, con chi mostra di

averne bisogno.

Alla scuola primaria, per far acquisire la consapevolezza fonologica, si possono proporre

attività come: individuazione del fonema iniziale di parola; si possono proporre quindi parole che

iniziano per vocale; individuazione del fonema finale e poi intermedio; analisi fonemica che è

analoga al processo di scrittura; fusione fonemica che è analoga al processo di lettura; composizione

di parole bisillabe; associazioni grafema/fonema, associando lettere e immagini; conteggio dei

fonemi; raggruppamento di immagini il cui nome comincia o finisce con lo stesso suono.

Si potrà iniziare dalle sillabe semplici (consonante-vocale) e scegliere innanzitutto le

consonanti continue, utilizzando poi in abbinamento parole e immagini corrispondenti.

L’approccio con il metodo fono-sillabico, adattato alle specificità dell’alunno con DSA,

presenta le seguenti caratteristiche.

Ogni consonante viene illustrata come derivante dalla forma di un particolare oggetto o

elemento della natura, l’iniziale della parola che lo denota essendo somigliante a quella lettera, ad

es. la Montagna per la emme.

Solitamente, nei comuni alfabetieri murali o nei libri di testo, non si ha cura di tale

associazione tra il suono, il segno grafico e l’immagine relativa (es. effe di fata o emme di mela): il

nesso è soltanto fonetico, e dunque abbastanza debole: l’associazione mentale non è intuitivamente

ovvero immaginativamente ripercorribile.

Sarebbe bene dare al bambino la possibilità di operare intuitivamente, ed anche

autonomamente, connessioni interne tra ciò che gli viene presentato e la sua personale assunzione

immaginativa. In tal modo, la “sintesi grafica”, in cui il disegno viene essenzializzato nella forma

della lettera, si imprime come immagine mentale e consente di operare più facilmente il

discernimento tra i caratteri grafici, sia nella fase di scrittura che in quella di lettura.

Si privilegia quindi un tipo di percorso che, prendendo spunto da un’immagine esteriore,

renda operante intuitivamente il nesso con l’immagine mentale, per favorire poi gradualmente

l’assunzione concettuale. Tale metodo si fonda sulla considerazione che il bambino dispone

anzitutto di un pensiero immaginativo. Egli non si rappresenta astrattamente le cose, non forma

ancora concetti astratti, ma se le raffigura: quando gli parliamo, spieghiamo e, ancor più, quando

raccontiamo qualcosa, suscitiamo nella sua interiorità il sorgere di una immagine mentale.

Sempre facendo appello all’immaginazione, ossia alla rielaborazione interna del bambino, le

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consonanti vengono presentate secondo affinità grafiche, così da poter evidenziare le differenze.

Saranno inizialmente la P e la B; la D e la R; poi la L e la F, la M e la N e così via. Si inizia con

quelle che si scrivono da sinistra, si procede con le altre scritte da destra (C G S), lasciando per

ultime la Q e l’H.

Se invece l'alunno mostra difficoltà nella consapevolezza fonologica delle lettere, sarà più

utile iniziare con i fonemi “continui”, cioè quei fonemi che per la loro durata e le loro caratteristiche

acustiche risultano più facilmente individuabili, come le consonanti nasali (m, n) e le liquide (l, r),

lasciando ad un secondo momento i suoni labiali ed esplosivi (b, p), così come quelli dentali (d, t).

Va detto che anche nel metodo fono-sillabico non sempre c’è coerente gradualità nella scelta

delle parole esemplificative in relazione alle lettere presentate. Al bambino vengono cioè presentate

parole che contengono la lettera e la sillaba che si sta studiando, ma che contengono anche altre

lettere ancora sconosciute: si determina così spesso una fusione tra metodo fonico-sillabico e

metodo globale, almeno nella prassi. Occorre, invece, porre attenzione ad ordinare le consonanti, e

le parole esemplificative utili per il loro riconoscimento e per l’esercizio della lettura, in modo da

presentare al bambino soltanto lettere già note (o che lo stanno divenendo in quanto le spieghiamo).

In ogni caso, qualunque metodo si adotti, sarebbe auspicabile iniziare con lo stampato

maiuscolo, la forma di scrittura percettivamente più semplice, in quanto essa è articolata su una sola

banda spaziale delimitata da due sole linee (scrittura bilineare): tutte le lettere hanno infatti la

medesima altezza, iniziando dal rigo superiore e terminando in quello inferiore, mentre lo stampato

minuscolo, oltre che il corsivo, sono forme di scrittura articolate su tre bande spaziali, in cui le linee

di demarcazione dello spazio sono quattro (scrittura quadrilineare), in quanto vi è una banda

centrale delle lettere quali la a o la c, una banda superiore in cui si spingono lettere quali la l o la b,

una banda inferiore occupata da lettere come la g o la q e risultano pertanto percettivamente molto

più complesse.

Si dovrebbe poi evitare di presentare al bambino una medesima lettera espressa graficamente

in più caratteri (stampato minuscolo, stampato maiuscolo, corsivo minuscolo, corsivo maiuscolo),

ma è opportuno soffermarsi su una soltanto di queste modalità fino a che l'alunno non abbia

acquisito una sicura e stabile rappresentazione mentale della forma di quella lettera. L'insegnante si

dovrà soffermare per un tempo più lungo sui fonemi più complessi graficamente e dovrà dare

indicazioni molto precise per la scrittura, verbalizzando al bambino come si tiene una corretta

impugnatura della matita o della penna, dando indicazioni precise sul movimento che la mano deve

compiere, sulla direzione da imprimere al gesto, sulle dimensioni delle lettere rispetto allo spazio

del foglio o del supporto di scrittura (cartellone, lavagna). Si farà anche attenzione a che il bambino

disegni le lettere partendo dall’alto. In questo modo, l’alunno con difficoltà potrà avere modelli di

riferimento e parametri precisi.

Si dovrebbe infatti effettuare una parte di lavoro comune alla classe e una parte di didattica

individualizzata che risponde ai bisogni specifici dei singoli, dando tempo agli alunni per lavorare

individualmente e differenziando i tempi quando ce n’è bisogno. Come si è detto, è importate infatti

predisporre un ambiente stimolante e creare un clima sereno e favorevole ad una relazione positiva

tra i membri del gruppo classe, tenendo conto dei livelli raggiunti da tutti gli alunni a proposito dei

processi di costruzione e concettualizzazione della lingua scritta, per promuovere la ricerca e la

scoperta personale, che stanno alla base della motivazione ad apprendere. E' importante, quindi, che

il docente rispetti i ritmi e gli stili di apprendimento degli alunni e permetta a ciascuno nel gruppo

classe di procedere autonomamente all’acquisizione delle competenze di letto-scrittura, dando

ampio spazio alle attività di gruppo e assumendo il ruolo di regista, sollecitando, inserendo di volta

in volta elementi conoscitivi utili per andare avanti ed evitando di trasmettere ansia.

A questo proposito, molto importante è non richiedere la lettura ad alta voce dell'alunno con

DSA, se non magari di brani su cui possa essersi già esercitato in precedenza. L’acquisizione

graduale dei contenuti è senza dubbio più proficua di un’esecuzione frettolosa e scarsamente

interiorizzata. Nei confronti degli alunni con DSA si dovrebbe procedere con attività di rinforzo

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contestualmente alla proposta di nuovi contenuti e si devono fornire strategie di studio

personalizzate, facendo sempre attenzione ad assumere atteggiamenti incoraggianti, evitando di

incrementare l’ansia e gratificando anche i minimi risultati degli alunni con difficoltà, che non

dovrebbero mai essere allontanati dai compagni e dalle attività del gruppo classe.

4.2.2. Area del calcolo

Fin dall’inizio della scuola primaria, qualora il bambino non abbia ancora sviluppato i

prerequisiti specifici, sarà opportuno soffermarsi su questi, in analogia alla scuola dell’infanzia, per

poi sviluppare in modo adeguato la comprensione della connessione tra i simboli scritti del numero

e la corrispondenza alle relative quantità.

Particolare attenzione sarà posta da un punto di vista didattico alle abilità di conteggio (non

solo uno a uno, come nella scuola dell’infanzia, ma anche uno a due, due a due…) anello di

congiunzione tra processi dei numeri e del calcolo, che dovranno essere esercitate in diverse

condizioni, scolastiche e ludiche (ad esempio, giochi con le carte, con i dadi…).

Fin dall’inizio della scuola primaria è necessario avviare al conteggio e al calcolo a mente,

processi necessari all’evoluzione dell’intelligenza numerica.

Più dettagliatamente, la ricerca scientifica ha evidenziato che nella scuola primaria le strategie

di potenziamento dell’intelligenza numerica devono riguardare:

· processi di conteggio;

· processi lessicali;

· processi semantici;

· processi sintattici;

· calcolo a mente;

· calcolo scritto.

Il conteggio (counting), cioè la capacità di rispondere alla domanda “quanti sono?” è

fondamentale soprattutto nel primo ciclo. Tale abilità è complessa poiché presuppone l’acquisizione

dei principi di corrispondenza uno a uno (ossia che ad ogni elemento che contiamo corrisponde un

solo elemento numerico), dell’ordine stabile avanti-indietro – es.1,2,3,…;…3,2,1 (ossia che l’ordine

dei numeri non può variare) e della cardinalità (ossia che l’ultimo numero contato corrisponde alla

quantità dell’insieme degli elementi contati).

I processi lessicali riguardano la capacità di attribuire il nome ai numeri, si basano su

competenze di natura verbale ma anche più generali quali la comprensione della connessione tra i

simboli scritti del numero e la corrispondenza alle relative quantità. L’abilità di dire il nome dei

numeri è molto precoce ma deve essere associata alla consapevolezza che si tratta della capacità di

attribuire un’etichetta verbale alle quantità.

I processi semantici riguardano la capacità di comprendere il significato dei numeri attraverso

una rappresentazione mentale di tipo quantitativo e con l’obiettivo finale della corrispondenza

numero-quantità.

La sintassi riguarda le particolari relazioni spaziali tra le cifre che costituiscono i numeri: la

posizione delle cifre determina il loro valore all’interno di un sistema organizzato per ordine di

grandezze (valore posizionale delle cifre). In altre parole, per il bambino deve esse chiaro che il

numero 1 ha un valore differente nel numero 31 e nel numero 13 così come 1/3 o 13 e questa

differenza è data dalla posizione di reciprocità nella rappresentazione scritta.

Il calcolo a mente è considerato dalla ricerca contemporanea la competenza fondamentale

all’evoluzione della cognizione numerica. Esso si basa infatti su strategie di combinazioni di

quantità necessari ai meccanismi di intelligenza numerica. In particolare le strategie più importanti

identificate nella letteratura scientifica sono:

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· composizione e scomposizione dei numeri in insiemi più semplici;

· raggruppamento;

· arrotondamento alla decina;

· le proprietà delle quattro operazioni;

· il recupero dei fatti aritmetici.

Date queste considerazioni, si raccomanda perciò di usare prevalentemente l’uso di strategie

di calcolo a mente nella quotidianità scolastica. Sono infatti auspicabili attività quasi giornaliere, di

breve durata, con proposte diverse e giochi che privilegino il calcolo mentale allo scritto, che sarà

ovviamente trattato a livello procedurale.

Con i bambini più grandi si deve cercare inoltre di favorire il ragionamento e solo

successivamente, tramite l’esercizio, l’automatizzazione.

Il calcolo scritto rappresenta un apprendimento di procedure necessarie per eseguire calcoli

molto complessi, che abbisognano di un supporto cartaceo per dare aiuto al nostro sistema di

memoria. Quindi, il calcolo scritto ha il compito di automatizzare procedure ed algoritmi e non

quello di sviluppare strategie né di potenziare le abilità di intelligenza numerica. Impegnare la gran

parte del tempo scolastico nell’esercitazione di tali algoritmi, se da una parte consente un’adeguata

acquisizione delle procedure di calcoli complessi, dall’altra rischia di penalizzare l’apprendimento e

il consolidamento di strategie più flessibili ed efficaci come quelle del calcolo a mente. Si

raccomanda, dunque, un approccio didattico che sappia potenziare entrambi i tipi di calcolo

necessari per lo sviluppo di potenzialità cognitive differenti.

Se queste raccomandazioni sono necessarie verso l’intera conduzione della classe, tanto più lo

sono verso i bambini con DSA, il cui profilo cognitivo può essere supportato dalla differenziazione

delle proposte didattiche. Ad esempio, il calcolo scritto sarà tanto più difficile quanto più il profilo

compromesso riguarderà gli automatismi e i processi di memoria, mentre il calcolo a mente sarà

tanto più difficile quanto più il profilo compromesso riguarderà le funzioni di strategia

composizionale. Se l’insegnante sa adoperare metodi didattici flessibili e corrispondenti alle qualità

cognitive individuali, il potenziamento non resterà disatteso.

4.3 Scuola secondaria di I e di II grado

La scuola secondaria richiede agli studenti la piena padronanza delle competenze strumentali

(lettura, scrittura e calcolo), l’adozione di un efficace metodo di studio e prerequisiti adeguati

all’apprendimento di saperi disciplinari sempre più complessi; elementi, questi, che possono

mettere in seria difficoltà l’alunno con DSA, inducendolo ad atteggiamenti demotivati e

rinunciatari. Tali difficoltà possono essere notevolmente contenute e superate individuando

opportunamente le strategie e gli strumenti compensativi nonché le misure dispensative.

4.3.1. Disturbo di lettura

Nel caso di studenti con dislessia, la scuola secondaria dovrà mirare a promuovere la capacità

di comprensione del testo.

La decodifica, ossia la decifrazione del testo, e la sua comprensione sono processi cognitivi

differenti e pertanto devono essere considerati separatamente nell’attività didattica. A questo riguardo

possono risultare utili alcune strategie riguardanti le modalità della lettura. E’ infatti opportuno:

· insistere sul passaggio alla lettura silente piuttosto che a voce alta, in quanto la prima

risulta generalmente più veloce e più efficiente;

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· insegnare allo studente modalità di lettura che, anche sulla base delle caratteristiche

tipografiche e dell’evidenziazione di parole chiave, consenta di cogliere il significato

generale del testo, all’interno del quale poi eventualmente avviare una lettura più analitica.

Per uno studente con dislessia, gli strumenti compensativi sono primariamente quelli che

possono trasformare un compito di lettura (reso difficoltoso dal disturbo) in un compito di ascolto.

A tal fine è necessario fare acquisire allo studente competenze adeguate nell’uso degli strumenti

compensativi.

Si può fare qui riferimento:

· alla presenza di una persona che legga gli items dei test, le consegne dei compiti, le tracce

dei temi o i questionari con risposta a scelta multipla;

· alla sintesi vocale, con i relativi software, anche per la lettura di testi più ampi e per una

maggiore autonomia;

· all’utilizzo di libri o vocabolari digitali.

Studiare con la sintesi vocale è cosa diversa che studiare mediante la lettura diretta del libro di

testo; sarebbe pertanto utile che i docenti o l’eventuale referente per la dislessia acquisiscano

competenze in materia e che i materiali didattici prodotti dai docenti siano in formato digitale.

Si rammenta che l’Azione 6 del Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità” ha finanziato la

realizzazione di software di sintesi vocale scaricabili gratuitamente dal sito del MIUR.

Per lo studente dislessico è inoltre più appropriata la proposta di nuovi contenuti attraverso il

canale orale piuttosto che attraverso lo scritto, consentendo anche la registrazione delle lezioni.

Per facilitare l’apprendimento, soprattutto negli studenti con difficoltà linguistiche, può essere

opportuno semplificare il testo di studio, attraverso la riduzione della complessità lessicale e

sintattica.

Si raccomanda, inoltre, l’impiego di mappe concettuali, di schemi, e di altri mediatori didattici

che possono sia facilitare la comprensione sia supportare la memorizzazione e/o il recupero delle

informazioni. A questo riguardo, potrebbe essere utile che le scuole raccolgano e archivino tali

mediatori didattici, anche al fine di un loro più veloce e facile utilizzo.

In merito alle misure dispensative, lo studente con dislessia è dispensato:

· dalla lettura a voce alta in classe;

· dalla lettura autonoma di brani la cui lunghezza non sia compatibile con il suo livello di abilità;

· da tutte quelle attività ove la lettura è la prestazione valutata.

In fase di verifica e di valutazione, lo studente con dislessia può usufruire di tempi aggiuntivi

per l’espletamento delle prove o, in alternativa e comunque nell’ambito degli obiettivi disciplinari

previsti per la classe, di verifiche con minori richieste.

Nella valutazione delle prove orali e in ordine alle modalità di interrogazione si dovrà tenere

conto delle capacità lessicali ed espressive proprie dello studente.

4.3.2. Disturbo di scrittura

In merito agli strumenti compensativi, gli studenti con disortografia o disgrafia possono avere

necessità di compiere una doppia lettura del testo che hanno scritto: la prima per l’autocorrezione

degli errori ortografici, la seconda per la correzione degli aspetti sintattici e di organizzazione

complessiva del testo. Di conseguenza, tali studenti avranno bisogno di maggior tempo nella

realizzazione dei compiti scritti. In via generale, comunque, la valutazione si soffermerà soprattutto

sul contenuto disciplinare piuttosto che sulla forma ortografica e sintattica.

Gli studenti in questione potranno inoltre avvalersi:

· di mappe o di schemi nell’attività di produzione per la costruzione del testo;

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· del computer (con correttore ortografico e sintesi vocale per la rilettura) per velocizzare i

tempi di scrittura e ottenere testi più corretti;

· del registratore per prendere appunti.

Per quanto concerne le misure dispensative, oltre a tempi più lunghi per le verifiche scritte o a

una quantità minore di esercizi, gli alunni con disgrafia e disortografia sono dispensati dalla

valutazione della correttezza della scrittura e, anche sulla base della gravità del disturbo, possono

accompagnare o integrare la prova scritta con una prova orale attinente ai medesimi contenuti.

4.3.3. Area del calcolo

Riguardo alle difficoltà di apprendimento del calcolo e al loro superamento, non è raro imbattersi

in studenti che sono distanti dal livello di conoscenze atteso e che presentano un’ impotenza appresa,

cioè un vero e proprio blocco ad apprendere sia in senso cognitivo che motivazionale.

Sebbene la ricerca non abbia ancora raggiunto dei risultati consolidati sulle strategie di

potenziamento dell’abilità di calcolo, si ritengono utili i seguenti principi guida:

· gestire, anche in contesti collettivi, almeno parte degli interventi in modo individualizzato;

· aiutare, in fase preliminare, l’alunno a superare l’impotenza guidandolo verso l’ esperienza

della propria competenza;

· analizzare gli errori del singolo alunno per comprendere i processi cognitivi che

sottendono all’ errore stesso con intervista del soggetto;

· pianificare in modo mirato il potenziamento dei processi cognitivi necessari.

In particolare, l’analisi dell’errore favorisce la gestione dell’insegnamento.

Tuttavia, l’unica classificazione degli errori consolidata nella letteratura scientifica al

riguardo si riferisce al calcolo algebrico:

· errori di recupero di fatti algebrici;

· errori di applicazione di formule;

· errori di applicazione di procedure;

· errori di scelta di strategie;

· errori visuospaziali;

· errori di comprensione semantica.

L’analisi dell’errore consente infatti di capire quale confusione cognitiva l’allievo abbia consolidato

in memoria e scegliere, dunque, la strategia didattica più efficace per l’eliminazione dell’errore e il

consolidamento della competenza.

Riguardo agli strumenti compensativi e alle misure dispensative, valgono i principi generali

secondo cui la calcolatrice, la tabella pitagorica, il formulario personalizzato, etc. sono di supporto

ma non di potenziamento, in quanto riducono il carico ma non aumentano le competenze.

4.4 Didattica per le lingue straniere

Poiché la trasparenza linguistica, ossia la corrispondenza fra come una lingua si scrive e come

si legge, influisce sul livello di difficoltà di apprendimento della lingua da parte degli studenti con

DSA, è opportuno che la scuola, in sede di orientamento o al momento di individuare quale lingua

straniera privilegiare, informi la famiglia sull’opportunità di scegliere - ove possibile - una lingua

che ha una trasparenza linguistica maggiore. Analogamente, i docenti di lingue straniere terranno

conto, nelle prestazioni attese e nelle modalità di insegnamento, del principio sopra indicato.

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In sede di programmazione didattica si dovrà generalmente assegnare maggiore importanza

allo sviluppo delle abilità orali rispetto a quelle scritte. Poiché i tempi di lettura dell’alunno con

DSA sono più lunghi, è altresì possibile consegnare il testo scritto qualche giorno prima della

lezione, in modo che l’allievo possa concentrarsi a casa sulla decodifica superficiale, lavorando

invece in classe insieme ai compagni sulla comprensione dei contenuti.

In merito agli strumenti compensativi, con riguardo alla lettura, gli alunni e gli studenti con

DSA possono usufruire di audio-libri e di sintesi vocale con i programmi associati. La sintesi vocale

può essere utilizzata sia in corso d’anno che in sede di esame di Stato.

Relativamente alla scrittura, è possibile l’impiego di strumenti compensativi come il computer

con correttore automatico e con dizionario digitale. Anche tali strumenti compensativi possono

essere impiegati in corso d’anno e in sede di esame di Stato.

Per quanto concerne le misure dispensative, gli alunni e gli studenti con DSA possono

usufruire:

· di tempi aggiuntivi;

· di una adeguata riduzione del carico di lavoro;

· in caso di disturbo grave e previa verifica della presenza delle condizioni previste all’Art. 6,

comma 5 del D.M. 12 luglio 2011, è possibile in corso d’anno dispensare l’alunno dalla

valutazione nelle prove scritte e, in sede di esame di Stato, prevedere una prova orale

sostitutiva di quella scritta, i cui contenuti e le cui modalità sono stabiliti dalla

Commissione d’esame sulla base della documentazione fornita dai Consigli di Classe.

Resta fermo che in presenza della dispensa dalla valutazione delle prove scritte, gli studenti

con DSA utilizzeranno comunque il supporto scritto in quanto utile all’apprendimento anche orale

delle lingue straniere, soprattutto in età adolescenziale.

In relazione alle forme di valutazione, per quanto riguarda la comprensione (orale o scritta),

sarà valorizzata la capacità di cogliere il senso generale del messaggio; in fase di produzione sarà

dato più rilievo all’efficacia comunicativa, ossia alla capacità di farsi comprendere in modo chiaro,

anche se non del tutto corretto grammaticalmente.

Lo studio delle lingue straniere implica anche l’approfondimento dei caratteri culturali e

sociali del popolo che parla la lingua studiata e, con l’avanzare del percorso scolastico, anche degli

aspetti letterari. Poiché l’insegnamento di tali aspetti è condotto in lingua materna, saranno in questa

sede applicati gli strumenti compensativi e dispensativi impiegati per le altre materie.

Sulla base della gravità del disturbo, nella scuola secondaria i testi letterari in lingua straniera

assumono importanza minore per l’alunno con DSA: considerate le sue possibili difficoltà di

memorizzazione, risulta conveniente insistere sul potenziamento del lessico ad alta frequenza

piuttosto che focalizzarsi su parole più rare, o di registro colto, come quelle presenti nei testi letterari.

Ai fini della corretta interpretazione delle disposizioni contenute nel decreto attuativo, pare

opportuno precisare che l’ “esonero” riguarda l’insegnamento della lingua straniera nel suo

complesso, mentre la “dispensa” concerne unicamente le prestazioni in forma scritta.

5. LA DIMENSIONE RELAZIONALE

Il successo nell’apprendimento è l’immediato intervento da opporre alla tendenza degli alunni

o degli studenti con DSA a una scarsa percezione di autoefficacia e di autostima. La specificità

cognitiva degli alunni e degli studenti con DSA determina, inoltre, per le conseguenze del disturbo

sul piano scolastico, importanti fattori di rischio per quanto concerne la dispersione scolastica

dovuta, in questi casi, a ripetute esperienze negative e frustranti durante l’intero iter formativo.

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21

Ogni reale apprendimento acquisito e ogni successo scolastico rinforzano negli alunni e negli

studenti con DSA la percezione propria di poter riuscire nei propri impegni nonostante le difficoltà

che impone il disturbo, con evidenti connessi esiti positivi sul tono psicologico complessivo.

Di contro, non realizzare le attività didattiche personalizzate e individualizzate, non utilizzare

gli strumenti compensativi, disapplicare le misure dispensative, collocano l’alunno e lo studente in

questione in uno stato di immediata inferiorità rispetto alle prestazioni richieste a scuola, e non per

assenza di “buona volontà”, ma per una problematica che lo trascende oggettivamente: il disturbo

specifico di apprendimento.

Analogamente, dispensare l’alunno o lo studente con DSA da alcune prestazioni, oltre a non

avere rilevanza sul piano dell’apprendimento – come la lettura ad alta voce in classe – evita la

frustrazione collegata alla dimostrazione della propria difficoltà.

È necessario sottolineare la delicatezza delle problematiche psicologiche che s’innestano

nell’alunno o nello studente con DSA per l’utilizzo degli strumenti compensativi e delle misure

dispensative. Infatti, ai compagni di classe gli strumenti compensativi e le misure dispensative

possono risultare incomprensibili facilitazioni. A questo riguardo, il coordinatore di classe, sentita

la famiglia interessata, può avviare adeguate iniziative per condividere con i compagni di classe le

ragioni dell’applicazione degli strumenti e delle misure citate, anche per evitare la stigmatizzazione

e le ricadute psicologiche negative.

Resta ferma, infine, la necessità di creare un clima della classe accogliente, praticare una

gestione inclusiva della stessa, tenendo conto degli specifici bisogni educativi degli alunni e

studenti con DSA.

6. CHI FA CHE COSA

Con l’intento di semplificare e di riassumere le varie fasi, previste dalla Legge, che vedono

coinvolte la scuola, le famiglie e i servizi, si fornisce uno schema di sintesi.

Diagramma schematico dei passi previsti dalla legge 170/2010 per la gestione dei DSA

Interventi di identificazione

precoce casi sospetti

Attività di recupero

didattico mirato

Comunicazione della

scuola alla famiglia

Iter diagnostico

Diagnosi documento di

certificazione diagnostica

Comunicazione della

famiglia alla scuola

Provvedimenti compensativi e

dispensativi – Didattica e

valutazione personalizzata

SCUOLA FAMIGLIA SERVIZI

Richiesta di

valutazione

Persistenti

difficoltà

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6.1 Gli Uffici Scolastici Regionali

Il ruolo strategico di coordinamento e di indirizzo della politica scolastica svolto dagli Uffici

Scolastici Regionali (USR) li chiama direttamente in causa nell’assumere impegni ed attivare

specifiche iniziative per garantire il diritto allo studio agli alunni con disturbi specifici di

apprendimento.

In un sistema educativo e formativo che investe sulla centralità dell'alunno, sul forte rapporto

scuola-famiglia e sull’interazione tra i soggetti – istituzionali e non – del territorio, numerose e

differenziate possono essere le iniziative e ampia la gamma degli interventi rientranti nelle politiche

a favore degli studenti.

Si ritiene di particolare importanza che l’USR incentivi e promuova la messa a sistema delle

diverse azioni attivate dalle singole istituzioni scolastiche, al fine di uniformare comportamenti e

procedure tali da assicurare uguali opportunità formative a ciascun alunno, in qualunque realtà

scolastica. In altri termini, le politiche dell’Ufficio Scolastico Regionale devono tendere a garantire

che l’attenzione e la cura educative non siano rimesse alla volontà dei singoli, ma riconducibili ad

una logica di sistema.

A tal fine, ferma restando l’autonomia di ogni singola realtà regionale, si indicano alcune

azioni che appare opportuno attivare:

· predisposizione di protocolli deontologici regionali per condividere le procedure e i

comportamenti da assumere nei confronti degli alunni con DSA (dalle strategie per

individuare precocemente i segnali di rischio alle modalità di accoglienza, alla

predisposizione dei Piani didattici personalizzati, al contratto formativo con la famiglia);

· costituzione di gruppi di coordinamento costituiti dai referenti provinciali per

l’implementazione delle linee di indirizzo emanate a livello regionale;

· stipula di accordi (convenzioni, protocolli, intese) con le associazioni maggiormente

rappresentative e con il SSN;

· organizzazione di attività di formazione diversificate, in base alle specifiche situazioni di

contesto e adeguate alle esperienze, competenze, pratiche pregresse presenti in ogni

realtà, in modo da far coincidere la risposta formativa all’effettiva domanda di supporto

e conoscenza;

· potenziamento dei Centri Territoriali di Supporto per tecnologie e disabilità (CTS)

soprattutto incrementando le risorse (sussidi e strumenti tecnologici specifici per i DSA)

e pubblicizzando ulteriormente la loro funzione di punti dimostrativi.

6.2 Il Dirigente scolastico

Il Dirigente scolastico, nella logica dell’autonomia riconosciuta alle istituzioni scolastiche, è

il garante delle opportunità formative offerte e dei servizi erogati ed è colui che attiva ogni possibile

iniziativa affinché il diritto allo studio di tutti e di ciascuno si realizzi.

Tale azione si concretizza anche mediante la promozione e la cura di una serie di iniziative da

attuarsi di concerto con le varie componenti scolastiche, atte a favorire il coordinamento dei vari

interventi rispetto alle norme di riferimento.

Sulla base dell’autonoma responsabilità nella gestione delle risorse umane della scuola, il

Dirigente scolastico potrà valutare l’opportunità di assegnare docenti curricolari con competenza

nei DSA in classi ove sono presenti alunni con tale tipologia di disturbi.

In particolare, il Dirigente:

· garantisce il raccordo di tutti i soggetti che operano nella scuola con le realtà territoriali;

· stimola e promuove ogni utile iniziativa finalizzata a rendere operative le indicazioni

condivise con Organi collegiali e famiglie, e precisamente:

- attiva interventi preventivi;

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- trasmette alla famiglia apposita comunicazione;

- riceve la diagnosi consegnata dalla famiglia, la acquisisce al protocollo e la

condivide con il gruppo docente;

· promuove attività di formazione/aggiornamento per il conseguimento di competenze

specifiche diffuse;

· promuove e valorizza progetti mirati, individuando e rimuovendo ostacoli, nonché

assicurando il coordinamento delle azioni (tempi, modalità, finanziamenti);

· definisce, su proposta del Collegio dei Docenti, le idonee modalità di documentazione dei

percorsi didattici individualizzati e personalizzati di alunni e studenti con DSA e ne

coordina l’elaborazione e le modalità di revisione, anche – se necessario – facendo

riferimento ai già richiamati modelli esemplificativi pubblicati sul sito del MIUR

(http://www.istruzione.it/web/istruzione/dsa);

· gestisce le risorse umane e strumentali;

· promuove l’intensificazione dei rapporti tra i docenti e le famiglie di alunni e studenti con

DSA, favorendone le condizioni e prevedendo idonee modalità di riconoscimento

dell’impegno dei docenti, come specificato al successivo paragrafo 6.5;

· attiva il monitoraggio relativo a tutte le azioni messe in atto, al fine di favorire la riproduzione

di buone pratiche e procedure od apportare eventuali modifiche.

Per la realizzazione degli obiettivi previsti e programmati, il Dirigente scolastico potrà

avvalersi della collaborazione di un docente (referente o funzione strumentale) con compiti di

informazione, consulenza e coordinamento.

I Dirigenti scolastici potranno farsi promotori di iniziative rivolte alle famiglie di alunni e

studenti con DSA, promuovendo e organizzando, presso le istituzioni scolastiche - anche con

l’ausilio dell’Amministrazione centrale e degli UU.SS.RR. - seminari e brevi corsi informativi.

6.3 Il Referente di Istituto

Le funzioni del “referente” sono, in sintesi, riferibili all’ambito della sensibilizzazione ed

approfondimento delle tematiche, nonché del supporto ai colleghi direttamente coinvolti

nell’applicazione didattica delle proposte.

Il referente che avrà acquisito una formazione adeguata e specifica sulle tematiche, a seguito

di corsi formalizzati o in base a percorsi di formazione personali e/o alla propria pratica

esperienziale/didattica, diventa punto di riferimento all’interno della scuola ed, in particolare,

assume, nei confronti del Collegio dei docenti, le seguenti funzioni:

· fornisce informazioni circa le disposizioni normative vigenti;

· fornisce indicazioni di base su strumenti compensativi e misure dispensative al fine di

realizzare un intervento didattico il più possibile adeguato e personalizzato;

· collabora, ove richiesto, alla elaborazione di strategie volte al superamento dei problemi

nella classe con alunni con DSA;

· offre supporto ai colleghi riguardo a specifici materiali didattici e di valutazione;

· cura la dotazione bibliografica e di sussidi all’interno dell’Istituto;

· diffonde e pubblicizza le iniziative di formazione specifica o di aggiornamento;

· fornisce informazioni riguardo alle Associazioni/Enti/Istituzioni/Università ai quali poter

fare riferimento per le tematiche in oggetto;

· fornisce informazioni riguardo a siti o piattaforme on line per la condivisione di buone

pratiche in tema di DSA;

· funge da mediatore tra colleghi, famiglie, studenti (se maggiorenni), operatori dei servizi

sanitari, EE.LL. ed agenzie formative accreditate nel territorio;

· informa eventuali supplenti in servizio nelle classi con alunni con DSA.

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Il Referente d’Istituto avrà in ogni caso cura di promuovere lo sviluppo delle competenze dei

colleghi docenti, ponendo altresì attenzione a che non si determini alcun meccanismo di “delega” né

alcuna forma di deresponsabilizzazione, ma operando per sostenere la “presa in carico” dell’alunno

e dello studente con DSA da parte dell’insegnante di classe.

La nomina del referente di Istituto per la problematica connessa ai Disturbi Specifici di

Apprendimento non costituisce un formale obbligo istituzionale ma è demandata alla autonomia

progettuale delle singole scuole. Esse operano scelte mirate anche in ragione dei bisogni emergenti

nel proprio concreto contesto operativo, nella prospettiva di garantire a ciascun alunno le migliori

condizioni possibili, in termini didattici ed organizzativi, per il pieno successo formativo.

Laddove se ne ravvisi l’utilità, per la migliore funzionalità ed efficacia dell’azione formativa,

la nomina potrà essere anche formalizzata, così come avviene per numerose altre figure di sistema

(funzioni strumentali) di supporto alla progettualità scolastica.

6.4 I Docenti

La eventuale presenza all’interno dell’Istituto scolastico di un docente esperto, con compiti di

referente, non deve sollevare il Collegio dei docenti ed i Consigli di classe interessati dall’impegno

educativo di condividere le scelte.

Risulta, infatti, indispensabile che sia l’intera comunità educante a possedere gli strumenti di

conoscenza e competenza, affinché tutti siano corresponsabili del progetto formativo elaborato e

realizzato per gli alunni con DSA.

In particolare, ogni docente, per sé e collegialmente:

· durante le prime fasi degli apprendimenti scolastici cura con attenzione l’acquisizione dei

prerequisiti fondamentali e la stabilizzazione delle prime abilità relative alla scrittura, alla

lettura e al calcolo, ponendo contestualmente attenzione ai segnali di rischio in un’ottica di

prevenzione ed ai fini di una segnalazione;

· mette in atto strategie di recupero;

· segnala alla famiglia la persistenza delle difficoltà nonostante gli interventi di recupero

posti in essere;

· prende visione della certificazione diagnostica rilasciata dagli organismi preposti;

· procede, in collaborazione dei colleghi della classe, alla documentazione dei percorsi

didattici individualizzati e personalizzati previsti;

· attua strategie educativo-didattiche di potenziamento e di aiuto compensativo;

· adotta misure dispensative;

· attua modalità di verifica e valutazione adeguate e coerenti;

· realizza incontri di continuità con i colleghi del precedente e successivo ordine o grado di

scuola al fine di condividere i percorsi educativi e didattici effettuati dagli alunni, in

particolare quelli con DSA, e per non disperdere il lavoro svolto.

6.5 La Famiglia

La famiglia che si avvede per prima delle difficoltà del proprio figlio o della propria figlia, ne

informa la scuola, sollecitandola ad un periodo di osservazione.

Essa è altrimenti, in ogni caso, informata dalla scuola delle persistenti difficoltà del proprio

figlio o figlia.

La famiglia:

· provvede, di propria iniziativa o su segnalazione del pediatra - di libera scelta o della

scuola - a far valutare l’alunno o lo studente secondo le modalità previste dall’Art. 3 della

Legge 170/2010;

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· consegna alla scuola la diagnosi di cui all’art. 3 della Legge 170/2010;

· condivide le linee elaborate nella documentazione dei percorsi didattici individualizzati e

personalizzati ed è chiamata a formalizzare con la scuola un patto educativo/formativo

che preveda l’autorizzazione a tutti i docenti del Consiglio di Classe - nel rispetto della

privacy e della riservatezza del caso - ad applicare ogni strumento compensativo e le

strategie dispensative ritenute idonee, previste dalla normativa vigente, tenuto conto delle

risorse disponibili;

· sostiene la motivazione e l’impegno dell’alunno o studente nel lavoro scolastico e

domestico;

· verifica regolarmente lo svolgimento dei compiti assegnati;

· verifica che vengano portati a scuola i materiali richiesti;

· incoraggia l’acquisizione di un sempre maggiore grado di autonomia nella gestione dei

tempi di studio, dell’impegno scolastico e delle relazioni con i docenti;

· considera non soltanto il significato valutativo, ma anche formativo delle singole

discipline.

Particolare importanza riveste, nel contesto finora analizzato, il rapporto con le famiglie

degli alunni con DSA. Esse, in particolare nel primo periodo di approccio dei figli con la scuola

primaria, sono poste di fronte a incertezza recata per lo più da difficoltà inattese, che rischiano

di compromettere il sereno svolgimento dell'iter scolastico da parte dei loro figli. Necessitano

pertanto di essere opportunamente guidate alla conoscenza del problema non solo in ordine ai

possibili sviluppi dell'esperienza scolastica, ma anche informate con professionalità e costanza

sulle strategie didattiche che di volta in volta la scuola progetta per un apprendimento quanto

più possibile sereno e inclusivo, sulle verifiche e sui risultati attesi e ottenuti, su possibili

ricalibrature dei percorsi posti in essere.

Sulla scorta di tali necessità, le istituzioni scolastiche cureranno di predisporre incontri con

le famiglie coinvolte a cadenza mensile o bimestrale, a seconda delle opportunità e delle singole

situazioni in esame, affinché l'operato dei docenti risulti conosciuto, condiviso e, ove

necessario, coordinato con l'azione educativa della famiglia stessa.

Dovendosi necessariamente prevedere un'intensificazione dell'impegno dei docenti, i

Dirigenti scolastici avranno cura di prevedere idonee modalità di riconoscimento di tali forme di

flessibilità professionale, da ricomprendere nelle materie di pertinenza della Contrattazione

integrativa di Istituto di cui all'art. 6, comma 2, lettera l) del vigente CCNL - Comparto Scuola.

6.6 Gli Studenti

Gli studenti e le studentesse, con le necessarie differenziazioni in relazione all’età, sono i

primi protagonisti di tutte le azioni che devono essere messe in campo qualora si presenti una

situazione di DSA. Essi, pertanto, hanno diritto:

· ad una chiara informazione riguardo alla diversa modalità di apprendimento ed alle

strategie che possono aiutarli ad ottenere il massimo dalle loro potenzialità;

· a ricevere una didattica individualizzata/personalizzata, nonché all’adozione di adeguati

strumenti compensativi e misure dispensative.

Hanno il dovere di porre adeguato impegno nel lavoro scolastico.

Ove l’età e la maturità lo consentano, suggeriscono ai docenti le strategie di apprendimento

che hanno maturato autonomamente.

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6.7. Gli Atenei

Nonostante nel corso dell’età evolutiva si verifichino processi di compensazione funzionale

che migliorano notevolmente le prestazioni dei ragazzi con DSA, il substrato biologico non

scompare e può condizionare in maniera significativa le attività accademiche, richiedendo un

impegno personale supplementare e strategie adeguate per aggirare le difficoltà. Con il

miglioramento dei supporti didattici durante la scolarizzazione, sempre più studenti con DSA ora

possono proseguire con successo gli studi universitari. Studenti con DSA, sono presenti in tutti i

corsi universitari: se adeguatamente supportati, possono raggiungere con ottimi risultati il traguardo

dei titoli accademici, realizzando le proprie potenzialità cognitive. In questo processo di crescita,

anche l’Università, in accordo con le finalità della legge, dovrà svolgere un ruolo importante,

trovando soluzioni all’interno delle metodologie didattiche e di valutazione e favorendo l’uso di

strategie e risorse, in particolare attraverso le nuove tecnologie.

L’art. 5, comma 4, della Legge 170/2010 prevede che “agli studenti con DSA sono garantite,

durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di

verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione

all'università nonché gli esami universitari”.

Il successo formativo può assicurare alla nostra società l’apporto creativo e professionale di

persone dotate di normale intelligenza e a volte anche di talenti spiccati.

Preliminare all’applicazione del disposto sopra citato è l’acquisizione, da parte dell’Ateneo,

della diagnosi di cui all’art 3 della legge 170/2010.

E’ importante rilevare che molti studenti con DSA - probabilmente più della metà dei casi -

arrivano all’università senza aver ricevuto una diagnosi in precedenza.

Si pone, pertanto, anche nell’ambito universitario, la necessità di interventi idonei ad

individuare i casi sospetti di DSA negli studenti (art. 3.3) come per tutti gli altri gradi di scuola. Al

riguardo vi sono già state, presso vari Atenei, delle esperienze di utilizzo di strumenti di screening

sotto forma di questionari specifici, il cui esito non è comunque una diagnosi ma solo

l’evidenziazione di una difficoltà. La diagnosi deve essere effettuata dal Servizio Sanitario

Nazionale, da specialisti o strutture accreditate, se previste dalle Regioni.

Le diagnosi risalenti all’età evolutiva possono essere ritenute valide, sempreché non superino i

tre anni dalla data di rilascio, considerato che i DSA sono condizioni che tendono a permanere per

l’intero arco di vita.

La presentazione della certificazione diagnostica, al momento dell’iscrizione, permette di

accedere anche ai test di ammissione con le seguenti modalità:

· la concessione di tempi aggiuntivi, rispetto a quelli stabiliti per la generalità degli studenti,

ritenuti congrui dall’Ateneo in relazione alla tipologia di prova e comunque non superiori

al 30% in più;

· la concessione di un tempo aggiuntivo fino a un massimo del 30% in più rispetto a quello

definito per le prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale programmati a

livello nazionale o dalle università ai sensi dell’art. 4 della legge 2 agosto 1999 n. 264;

· in caso di particolare gravità certificata del DSA, gli Atenei – nella loro autonomia -

possono valutare ulteriori misure atte a garantire pari opportunità nell’espletamento delle

prove stesse.

Le diagnosi presentate successivamente all’iscrizione permettono di poter fruire degli

appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica, secondo quanto stabilito

dall’art. 5, comma 1.

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In particolare, per quanto attiene alle misure dispensative, ci si riferisce a:

· privilegiare verifiche orali piuttosto che scritte, tenendo conto anche del profilo

individuale di abilità;

· prevedere nelle prove scritte l’eventuale riduzione quantitativa, ma non qualitativa, nel

caso non si riesca a concedere tempo supplementare;

· considerare nella valutazione i contenuti piuttosto che la forma e l’ortografia.

Per quanto attiene agli strumenti compensativi, si ritiene altresì che gli Atenei debbano

consentire agli studenti con diagnosi di DSA di poter utilizzare le facilitazioni e gli strumenti

eventualmente già in uso durante il percorso scolastico, quali, per esempio:

· registrazione delle lezioni;

· utilizzo di testi in formato digitale;

· programmi di sintesi vocale;

· altri strumenti tecnologici di facilitazione nella fase di studio e di esame.

Per quanto attiene alle forme di verifica e di valutazione, con riferimento agli esami

universitari, si applicano le misure dispensative e gli strumenti compensativi già sopra descritti

(prove orali invece che scritte; uso di personal computer con correttore ortografico e sintesi vocale;

tempo supplementare fino a un massimo del 30% in più oppure riduzione quantitativa; valutazione

dei contenuti più che della forma).

Peraltro, gli Atenei debbono prevedere servizi specifici per i DSA, di nuova attivazione o

nell’ambito di quelli già preesistenti di tutorato e/o disabilità, che pongano in essere tutte le azioni

necessarie a garantire l’accoglienza, il tutorato, la mediazione con l’organizzazione didattica e il

monitoraggio dell’efficacia delle prassi adottate.

Nell’ambito di tali servizi potranno essere previsti:

· utilizzo di tutor specializzati;

· consulenza per l’organizzazione delle attività di studio;

· forme di studio alternative come, per es., la costituzione di gruppi di studio fra studenti

dislessici e non ;

· lezioni ed esercizi on line sul sito dell’università.

7. LA FORMAZIONE

La formazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici è un elemento fondamentale per la

corretta applicazione della Legge 170/2010 e per il raggiungimento delle sue finalità. Al riguardo,

si pone in primo piano il tema della formazione in servizio.

Un principio generale è che la competenza sui DSA dovrà permeare il corpo docente di ogni

classe, in modo che la gestione e la programmazione di passi significativi (per es. il PDP) non sia

delegata a qualcuno dei docenti, ma scaturisca da una partecipazione integrale del consiglio di

classe.

A tal fine, gli Uffici Scolastici Regionali attivano gli interventi di formazione realizzando

sinergie con i servizi sanitari territoriali, le università, gli enti, gli istituti di ricerca e le agenzie di

formazione, individuando le esigenze formative specifiche, differenziate anche per ordini e gradi di

scuola e tenendo conto di priorità dettate anche dalle precedenti attività formative svolte sul

territorio.

Le istituzioni scolastiche, anche collegate in rete, possono organizzare opportuni percorsi di

formazione mirati allo sviluppo professionale di competenze specifiche in materia.

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L’insegnante referente per i DSA può svolgere un ruolo importante di raccordo e di continuità

riguardo all’aggiornamento professionale per i colleghi.

7.1 I contenuti della formazione

Legge170/2010 e caratteristiche delle diverse tipologie di DSA.

La conoscenza della legge consente di avere consapevolezza del percorso completo di

gestione dei DSA all’interno della scuola; i vari momenti di tale percorso e i processi conseguenti

devono essere ben chiari al fine di assicurarne l’applicazione. La legge e le disposizioni attuative,

contenute nel DM 12 luglio 2011, riassumono e superano tutti i provvedimenti e note ministeriali

precedentemente emanati riguardo ai DSA.

Risulta inoltre opportuno conoscere le caratteristiche dei singoli disturbi di apprendimento,

anche da un punto di vista medico-sanitario e psicologico, sia perché tali caratteristiche giustificano

gli specifici interventi previsti dalla Legge, sia perché ciò consente di costruire un linguaggio

comune fra mondo scolastico e mondo dei servizi di diagnosi e di trattamento.

Principali strumenti che la scuola può utilizzare per l’individuazione precoce del rischio di

DSA.

L’individuazione tempestiva permette la messa in atto di provvedimenti didattici, abilitativi e

di supporto che possono modificare notevolmente il percorso scolastico e il destino personale di

alunni e studenti con DSA. Il maggior interesse è rivolto alla scuola dell’infanzia e alla scuola

primaria, nelle quali è necessaria una maggior e più diffusa conoscenza degli indicatori di rischio e

una impostazione del lavoro didattico orientata alla prevenzione. L’attività di identificazione si deve

esplicare comunque in tutti gli ordini e gradi di scuola; infatti, sappiamo che tuttora molti ragazzi

con DSA sfuggono alla individuazione nei primi anni di scuola, mentre manifestano in maniera più

evidente le loro difficoltà allorché aumenta il carico di studio, cioè durante la scuola secondaria e

all’università.

Strategie educativo-didattiche di potenziamento e di aiuto compensativo.

È necessario che i docenti acquisiscano chiare e complete conoscenze in merito agli strumenti

compensativi e alle misure dispensative, con riferimento alla disciplina di loro competenza, al fine

di effettuare scelte consapevoli ed appropriate.

Inoltre, gli insegnanti devono essere in grado di utilizzare le nuove tecnologie e realizzare una

integrazione tra queste e le metodologie didattiche per l’apprendimento, dato che le ricerche

dimostrano che ambienti didattici supportati dall’uso delle nuove tecnologie risultano

maggiormente efficaci.

Gestione della classe con alunni con DSA.

I docenti devono porre attenzione alle ricadute psicologiche delle scelte educative e didattiche,

ricordando che nell’apprendimento un ruolo di grande rilievo è rappresentato dagli aspetti emotivi,

motivazionali e relazionali. La formazione, in tale ambito, ha l’obiettivo di sviluppare competenze

per creare ambienti di apprendimento capaci di sviluppare autostima, stile di attribuzione positivo,

senso di autoefficacia negli alunni e negli studenti con DSA.

Forme adeguate di verifica e di valutazione.

La valutazione deve concretizzarsi in una prassi che espliciti concretamente le modalità di

differenziazione a seconda della disciplina e del tipo di compito, discriminando fra ciò che è

espressione diretta del disturbo e ciò che esprime l’impegno dell’allievo e le conoscenze

effettivamente acquisite.

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - D.G. per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione

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Indicazioni ed esercitazioni concernenti le misure educative e didattiche di cui all’art. 4.

La concreta applicazione delle misure didattiche e valutative personalizzate richiede un

allenamento pratico, da attuare già in fase di formazione mediante attività laboratoriali. È

auspicabile che ogni docente ne acquisisca la competenza, perlomeno per le discipline di propria

pertinenza, onde evitare meccanismi di delega.

Forme di orientamento e di accompagnamento per il prosieguo degli studi.

È necessario che vengano superate le visioni semplicistiche dettate da pregiudizi datati per cui

i ragazzi con DSA sarebbero destinati a percorsi formativi di basso livello; la costruzione di nuovi

percorsi per orientare le scelte degli studenti con DSA non può che scaturire da un bilancio a livello

personale non solo delle aree di forza e di debolezza, ma anche della motivazione e delle scelte

personali e delle opportunità disponibili, mettendo in campo l’intuizione delle potenzialità

emergenti.

Esperienze di studi di caso di alunni con DSA, per implementare buone pratiche didattiche

La migliore efficacia formativa si raggiunge probabilmente con lo studio di casi concreti, dei

problemi e del percorso svolto, delle criticità verificatesi in corso e delle possibili soluzioni.

Attività di formazione specifiche devono essere rivolte anche ai dirigenti scolastici, mirate

agli aspetti di competenza : aspetti normativi, organizzativi e gestionali.

7.2 Corso di perfezionamento e Master in

“Didattica e psicopedagogia per i Disturbi Specifici di Apprendimento”

Il Ministero, in accordo con la Conferenza nazionale permanente dei Presidi di Scienze della

Formazione (CNPSF), promuove percorsi di alta formazione attraverso l’attivazione, presso le

Facoltà di Scienze della Formazione, di Corsi di Perfezionamento – o Master universitari - in

“Didattica e psicopedagogia per i Disturbi Specifici di Apprendimento”, rivolti a dirigenti scolastici

e a docenti delle scuole di ogni ordine e grado, a partire dall’A.A. 2011/2012.

Il Corso di Perfezionamento e Aggiornamento professionale, ex art. 6 comma 2 lettera c - L.

341/90 – o il Master - ha durata annuale, con relativa acquisizione di 60 CFU (Crediti Formativi

Universitari).

Al fine di realizzare un’offerta formativa flessibile, che si adatti ai diversi bisogni formativi

del personale della scuola, i corsi sono articolati in tre moduli, ciascuno equivalente a 20 CFU,

corrispondenti rispettivamente ad un livello ‘base’, ‘intermedio’ e ‘avanzato’, che possono essere

frequentati anche singolarmente.

L’articolazione generale, prevede almeno ¼ dei CFU dedicati a esperienze dirette, applicative

delle cognizioni teoriche apprese, svolte a scuola, con certificazione delle attività da parte del

Dirigente scolastico, o di tirocinio con tutor presso centri specializzati e scuole selezionate.

Le Facoltà erogano attività didattiche e formative utilizzando innovative metodologie e

tecnologie e-learning. Fino ad un massimo del 50%, l’attività didattica dei corsi può essere svolta

per via telematica.

È ammesso a frequentare i corsi di Perfezionamento il personale della scuola che ne faccia

richiesta secondo le modalità stabilite nelle singole convenzioni regionali, per un totale massimo di

100 posti in ciascuna università. Le singole Facoltà di Scienze della Formazione riconoscono i

percorsi di studio universitari pregressi ovvero ulteriori esperienze formative, debitamente

documentati dall’interessato, nel rispetto della normativa vigente, nella struttura accademica

preposta.

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Al termine dei corsi è rilasciato ai frequentanti, secondo le modalità di legge, idonea

attestazione con indicazione dei crediti formativi riconoscibili in ambito universitario.

Per l’attivazione dei corsi presso le sedi universitarie, sono stipulate apposite convenzioni tra

gli Uffici Scolastici Regionali e le singole Università (32 su tutto il territorio nazionale) ed il costo

dei corsi è coperto, anche in quota parte, dal MIUR, attraverso gli Uffici Scolastici Regionali, in

quanto destinatari dei fondi ex lege 170/2010 per la formazione di docenti e dirigenti scolastici sui

Disturbi Specifici di Apprendimento. Tali fondi possono essere incrementati con altre risorse rese

disponibili dagli stessi Uffici Scolastici Regionali, dal MIUR o da altre Istituzioni o Enti.

Le singole università, nel predisporre il piano orario delle lezioni, tengono conto delle

esigenze di servizio del personale della scuola partecipante ai corsi.

Per l’aggiornamento scientifico del piano strutturale e contenutistico dei corsi, è costituito,

con decreto ministeriale, un apposito Comitato Tecnico, con compiti di coordinamento e

monitoraggio. Al fine di valorizzare e documentare l’attività scientifica e didattica dei corsi

universitari in “Didattica e psicopedagogia per i Disturbi Specifici di Apprendimento” nonché di

promuovere con i docenti responsabili degli insegnamenti eventuali programmi di ricerca, il

Comitato Tecnico è affiancato da un Comitato Scientifico, composto da docenti, esperti e studiosi

provenienti dal mondo della scuola, della ricerca e dell’università.

7.3 Il progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità” e il progetto “A scuola di dislessia”

La proposta di perfezionamento e aggiornamento professionale in ambito universitario amplia

la formazione sui DSA attivata dal Ministero, a partire dall’anno 2005, e attuata dagli Uffici

Scolastici Regionali anche nell’ambito dell’azione 7 prevista dal Progetto interministeriale “Nuove

Tecnologie e Disabilità”, cofinanziato dal Dipartimento per l’Innovazione Tecnologica della

Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero della Pubblica Istruzione, specificamente

dedicata alla dislessia.

È inoltre stato avviato un ulteriore piano nazionale di formazione previsto nell’ambito del

progetto “A scuola di dislessia” di cui al protocollo d’Intesa MIUR-AID-FTI, visionabile sul sito

internet del MIUR, nella pagina web dedicata ai DSA.

7.4 I CTS – Centri Territoriali di Supporto

I 96 Centri Territoriali di Supporto, dislocati su tutto il territorio nazionale, rappresentano

strutture di supporto istituite con le azioni 4 e 5 del progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità“.

Tali Centri sono collocati presso scuole polo, i cui recapiti sono reperibili sul sito internet del MIUR

all’indirizzo http://archivio.pubblica.istruzione.it/dgstudente/disabilita/ntd/azione4_5.shtml#cts. Vi

operano tre docenti, esperti sia nelle nuove tecnologie a favore delle disabilità e dei Disturbi

specifici di apprendimento sia su supporti software e hardware, oltre che sull’impiego di strumenti

compensativi.

Gli Uffici Scolastici Regionali possono adeguatamente promuovere e incentivare l’azione dei

CTS a favore delle scuole, al fine di rispondere adeguatamente ai bisogni reali provenienti dal

territorio. Il Ministero stanzia annualmente fondi per il potenziamento ed il funzionamento di tali

Centri, da quest’anno con l’intento preciso di orientarne parte delle azioni proprio nell’ambito dei

DSA.

Inoltre, possono essere incentivate forme di coordinamento fra i CTS su base regionale ed

interregionale per aggiornare modelli e metodologie didattiche utilizzate a favore degli studenti con

DSA, al fine di diffondere buone pratiche con elevati margini di efficacia.

Per tali finalità, è opportuno prevedere adeguate e cicliche forme di aggiornamento a favore

degli operatori che agiscono nei singoli Centri Territoriali di Supporto.

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7.5 Supporto informativo alla formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici

La conoscenza specifica sui DSA si può acquisire con una formazione protratta e approfondita, che

può avvalersi di molte modalità, ivi comprese quelle rese disponibili dalle nuove tecnologie e da

Internet.

A tal fine, il Ministero attiva una specifica sezione del proprio sito Internet (all’interno della pagina

web più volte richiamata: http://www.istruzione.it/web/istruzione/dsa ) per la divulgazione di

contributi scientifici, didattici, organizzativi, metodologici predisposti sia dal mondo scientifico sia

dagli Uffici Scolastici Regionali in relazione all’impegno di ricerca e di elaborazione dei docenti e

delle scuole.

I materiali pubblicati possono supportare l’evoluzione culturale generale in tema di DSA e sono

liberamente fruibili.

f.to IL MINISTRO

 

 



 

La Palestra

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Gli studi

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Sala Riunioni

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