Consulenza legale, psicologia forense e non solo

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Perché è importante una collaborazione tra un Centro Psicopedagogico e uno Studio Legale?

Esiste una stretta relazione tra molte delle problematiche legali e il manifestarsi di disagi psicologici. In alcuni casi anche la necessità di valutazioni e/o supporto psicologico come: nel caso di separazione e divorzio al fine di valutare le più opportune modalità di affidamento dei figli, nei casi di adozione per valutare le risorse e le potenzialità delle capacità genitoriali, nei casi di nullità matrimoniale, nell’accertamento di un danno psicologico, esistenziale e morale o in caso di mobbing.

La collaborazione tra lo studio legale e il Nuovo Centro Kaleidos avviene su tutte le tematiche di carattere giuridico che hanno anche delle implicazioni di tipo psicologico.

·       Nel DIRITTO DI FAMIGLIA Separazione, divorzio, affidamento dei figli

Nell’ambito strettamente privatistico si deve rivolgere particolare attenzione al risarcimento del danno: biologico, morale, psichico, esistenziale




Gli istituti giuridici di protezione della persona in difficoltà, previsti nel nostro ordinamento e di cui si è deciso trattare sono: interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno e trust.

 L'INTERDIZIONE

 

 

Che cos'è?  La pronuncia di interdizione è una valida forma di protezione prevista per coloro che per abituale Infermità di mente, nonché per gravi incapacità non sono in grado di provvedere, autonomamente, ai propri interessi.  L'interdizione è pronunciata dal Giudice Tutelare all'esito di un giudizio che deve essere promosso tramite avvocato e comporta la nomina di un tutore.

 Chi può essere interdetto? Presupposto necessario per l'interdizione di un soggetto non è l'esistenza di una tipica malattia mentale, con caratteristiche patologiche ben definite, ma la presenza di un'alterazione delle facoltà mentali tale da dar luogo ad una incapacità parziale o totale nel provvedere ai propri interessi. Questa incapacità non si riferisce solo agli atti di natura economica e patrimoniale, ma anche a tutti gli atti della vita civile che attengono alla cura della persona e ai doveri familiari e pubblici.Tale infermità di mente richiede l'abitualità: una   costanza nel tempo così da qualificarla come uno  stato normale e quindi abituale del soggetto sebbene in presenza di lucidi intervalli. Ad esempio questo istituto rappresenta una valida protezione per i soggetti con grave handicap intellettivo o di persone  colpite da morbo di Alzheimer.

Quale è la condizione giuridica dell’interdetto? L'interdetto non può compiere direttamente nessun atto che abbia una rilevanza giuridica se non quelli necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana in rapporto alle proprie capacità intellettive.

Chi può richiedere al giudice un provvedimento di interdizione? L'interdizione può essere promossa: dalle persone direttamente interessate; dal coniuge; dalla persona stabilmente convivente; dai parenti entro il quarto grado; dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore; dal pubblico ministero. La richiesta di interdizione è fatta con ricorso contenente l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata e viene presentata davanti al giudice del tribunale del luogo dove la persona che deve essere interdetta ha la residenza o il domicilio.

Quali sono le fasi del procedimento?  Richiesta di interdizione attraverso il ricorso; Il Presidente del Tribunale dà comunicazione del ricorso al Pubblico Ministero, che può, valutata la domanda, chiedere che la stessa sia respinta con decreto; Se ciò non avviene, il Presidente nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza in cui devono comparire :colui che ha presentato la domanda colui per il quale è richiesta l'interdizione tutti coloro che sono nominati nella domanda  ( in quanto  testimoni  della condizione psico-fisica del soggetto per cui si richiede l'interdizione) All'udienza il giudice istruttore svolge i seguenti adempimenti: procede all'esame della persona che deve essere interdetta sente il parere delle altre persone citate può richiedere d'ufficio l'assunzione di ulteriori informazioni. Dopo l'esame della persona da interdire, il giudice istruttore può, anche d'ufficio, nominare un tutore provvisorio qualora ne ravvisi la necessità o debbano essere compiuti atti urgenti All'esito del giudizio, il giudice, ravvisati i i presupposti, con sentenza dichiara l'interdizione e viene disposta la nomina di un tutore.

Chi può essere nominato  tutore?  Con sentenza che dichiara l'interdizione viene  disposta la nomina di un tutore, scelto di preferenza tra il coniuge che non sia separato, il padre, la madre, un figlio maggiorenne o la persona designata contestamento dal genitore superstite. Il tutore può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della sua futura eventuale incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza di tale designazione da parte dello stesso interessato o in presenza di gravi motivi, il Giudice tutelare può designare con decreto motivato un tutore diverso. La scelta avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario.

Quali sono i poteri del tutore assegnati con decreto del Giudice? Il tutore ha il compito di rappresentare legalmente l'interdetto e di amministrare il suo patrimonio. In particolare il giudice, tramite decreto, assegna al tutore i seguenti poteri: compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione  ( atti destinati alla gestione del patrimonio senza intaccarne la consistenza) necessari alla vita  quotidiana dell'interdetto; compiere gli atti di straordinaria amministrazione ( ad esempio vendita o acquisto di beni immobili o di beni mobili di valore, accettazione di eredità......) solo previa autorizzazione del Giudice Tutelare o del tribunale, a seconda dei casi di cui agli artt. 412 413 del codice civile. Il tutore deve, inoltre, tenere la contabilità della sua  amministrazione e deve renderne conto annualmente  al Giudice Tutelare.

Quale è la durata dell'incarico del tutore? L'incarico del tutore non può essere conferito per un periodo superiore ai dieci anni ad eccezione del coniuge, della persona convivente, degli ascendenti e dei discendenti.

L'interdizione può essere revocata?  Nel caso in cui vengano meno i presupposti che hanno condotto all'interdizione; essa può essere revocata in ogni momento con sentenza del tribunale su istanza del coniuge, del convivente, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado, del tutore , del pubblico ministero. Se il tribunale, pur riconoscendo fondata l'istanza di revoca dell'interdizione, non ritiene che l'interdetto abbia riacquistato la piena capacità, può revocare l'interdizione e trasmettere gli atti al giudice tutelare affinchè apra una procedura di amministrazione di sostegno


L'INABILITAZIONE

Che cosa è? La pronuncia di inabilitazione è la forma di protezione prevista per coloro che si trovano in condizione di parziale incapacità, o meglio di infermità mentale non così grave da giustificare una pronuncia di interdizione.

Chi può essere inabilitato? L'inabilitazione ricorre nel caso di soggetti, maggiori di età, che si trovano nelle seguenti condizioni:infermità di mente non così grave da comportare l'interdizione; prodigalità ( abitudine a spendere in modo disordinato e smisurato rispetto alle proprie condizioni economiche; dedizione a giochi di azzardo ); abuso di bevande alcoliche o di stupefacenti; alcune imperfezioni o menomazioni fisiche, come il sordomutismo o la cecità dalla nascita o dalla prima infanzia, che non siano state accompagnate da un'educazione correttiva tale da assicurare al soggetto una sufficiente autonomia psico-fisica. 

Per quanto attiene la condizione giuridica in cui si trova l'inabilitato, nonché le fasi del procedimento di inabilitazione  ( istanza di inabilitazione, proposizione del ricorso davanti al giudice, svolgimento dell'udienza, emissione di decreto di nomina di curatore, revoca dell'inabilitazione ) si fa riferimento a quanto esposto in materia di interdizione.

In ogni caso occorre sottolineare che, mentre nel giudizio di interdizione la valutazione del giudice riguarda sia gli aspetti patrimoniali sia gli atti della vita civile attinenti alla cura della persona e ai doveri familiari e pubblici; nel giudizio di inabilitazione il giudice deve esaminare soprattutto il pregiudizio economico cui è esposto l'inabilitato o la sua famiglia. In sede di udienza il giudice istruttore procede all'esame dell'inabilitando, sente il parere delle altre persone citate e, se non ritiene necessaria l'assunzione di ulteriori informazioni, con sentenza che dichiara l'inabilitazione, dispone che gli atti di straordinaria amministrazione debbano essere compiuti con l'assistenza del curatore nominato dal tribunale. Il curatore, a differenza del tutore ( previsto per l'interdizione) non ha funzioni di rappresentanza ma di assistenza: non sostituisce bensì integra la volontà dell'inabilitato;

il curatore cura solo interessi di natura patrimoniale.

L'interdizione e l'inabilitazione permettono di riconoscere due istituti fondamentali di protezione dei soggetti incapaci: la tutela e la curatela, le cui caratteristiche vengono individuate, rispettivamente, attraverso i poteri del tutore e del curatore.




L'AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

L'amministrazione di sostegno vuole rappresentare una risposta concreta ai bisogni di soggetti fragili che non possono essere protetti con gli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione in quanto a loro non estensibili, trattandosi di persone con infermità o menomazioni fisiche o psichiche non così gravi da giustificarne l'applicazione.

Che cosa è? E' un istituto finalizzato a tutelare persone che, pur  mantenendo la capacità di intendere e di volere, per infermità o menomazioni fisiche o psichiche, parziali o temporanee, nonché di media-gravità, non hanno la piena autonomia nella vita quotidiana.

Chi può essere assistito da un amministratore di sostegno?    Può beneficiare dell'amministrazione di sostegno chiunque sia colpito da una menomazione o da una infermità fisica o psichica tale da porre il soggetto in una condizione di impossibilità temporanea o permanente a compiere alcuni atti giuridici. Si pensi, ad esempio, all'anziano che perde solo alcune autonomie ( disfunzioni cognitive, difficoltà nella memoria, nello svolgimento di semplici calcoli ) pur  mantenendo buone capacità di relazione e di comprensione della sua condizione; all'invalido a seguito di un sinistro che non sia in

grado di compiere alcuni atti, al malato che a seguito di adeguata terapia manifesti un buon grado di autonomia.

E', inoltre, opportuno ribadire che la persona non debba versare in una situazione così grave da essere in condizione di abituale infermità di mente tale da renderla incapace di provvedere ai propri interessi perchè, in questo caso, risulterebbe necessario uno strumento di protezione maggiore, come l'interdizione.

Infine è utile evidenziare che la disciplina in tema di amministrazione di sostegno indica che il beneficiario deve poter essere nella condizione di esprimere i propri bisogni, le proprie aspettative, deve avere la capacità di comunicare il proprio disappunto e le proprie valutazioni rispetto agli atti da compiere e che lo riguardano.

Chi può proporre il ricorso per l'amministrazione di sostegno? Il procedimento di amministrazione di sostegno ha inizio con la proposizione del ricorso.  Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere proposto: dallo stesso beneficiario ( pertanto da chi ritiene di essere in difficoltà nella gestione della propria vita, per malattie causa di una ridotta autonomia o perchè con l'età sopraggiungono impedimenti a compiere alcuni atti, con il rischio di gravi pregiudizi o di esposizione a raggiri); dal coniuge o dalla persona stabilmente convivente; dai parenti entro il quarto grado ( genitori, figli, fratelli o sorelle, nonni, zii, nipoti, cugini);dagli affini entro il secondo grado ( cognati, suoceri, generi, nuore); dal tutore o curatore; dal pubblico ministero.

Se il ricorso ha come beneficiario una persona interdetta o inabilitata deve essere presentato congiuntamente all'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al giudice competente per quest'ultima.

Chi ha l'obbligo di proporre il ricorso per l'amministrazione di sostegno? I responsabili dei servizi sanitari e sociali, se a conoscenza di fatti tali da rendere necessario il procedimento di amministrazione di sostegno, devono proporre il ricorso o darne notizia al pubblico ministero.

Quali sono le fasi  del procedimento?  La domanda deve essere proposta al Giudice Tutelare del luogo in cui vive abitualmente la persona interessata  ( se ricoverata permanentemente presso una residenza per anziani o altra struttura è competente il giudicedel luogo di ricovero).Invece il ricovero temporaneo ( es. per riabilitazione) non influisce sul luogo dove presentare la domanda, che resteràdeterminato in base alla residenza del beneficiario. 2. Il giudice tutelare fissa udienza di esame del beneficiario ed il ricorrente deve: notificare il ricorso al beneficiario;notificare il ricorso ai parenti ed agli affini il decreto di fissazione udienza.3. All'udienza il giudice tutelare deve sentire l'interessato e puòassumere informazioni e disporre accertamenti anche medici. 4. All'esito dell'esame dell'interessato il giudice, qualora ricorrano i presupposti, nomina l'amministratore con decreto. Il decreto del giudice stabilisce la durata dell'incarico e i poteri dell'amministrazione  di sostegno; il quale, una volta nominato, presta giuramento di svolgere il  proprio incarico con fedeltà e diligenza.

Chi può essere nominato come amministratore di sostegno ? La scelta avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. Può essere designato dallo stesso  interessato in previsione della sua eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza di tale designazione vi provvede il giudice con  decreto motivato. Nella scelta il giudice predilige, ove possibile, il coniuge che  non sia legalmente separato, la persona stabilmente convivente, il padre o la madre, il figlio, il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado o il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.

In ogni caso la scelta deve ricadere su persone idonee

Quali sono i compiti  dell'amministratore di sostegno? Nello svolgimento dei suoi compiti  l'amministratore di

sostegno deve tener conto delle aspirazioni e dei bisogni del beneficiario ed informarlo delle decisioni che intende prendere e, in caso di dissenso, informarne il giudice tutelare. Appena nominato l'amministratore dovrà fare un elenco dei beni di maggior valore del beneficiario ( mobili, quadri, oggetti preziosi, immobili.....) A tal proposito sussiste l'obbligo di RENDICONTO: ogni anno, decorrente dal giorno del giuramento o con la cadenza stabilita dal giudice tutelare nel decreto di nomina, l'amministratore deve depositare presso la cancelleria del tribunale il rendiconto della gestione economica, documentando, altresì, le spese di rilevante entità. In occasione del rendiconto l'amministratore fornirà per iscritto al giudice tutelare ogni informazione utile circa il proprio operato e le condizioni di vita e salute del beneficiario allegando, altresì, certificato medico.

L'amministratore può erogare spese ordinarie nei limiti fissati dal giudice nel decreto.Nel caso in cui fosse necessario compiere atti di straordinaria amministrazione ( partecipare ad atti notarili, accendere mutui, promuovere giudizi, accettare l'eredità o rinunciarvi ), l'amministratore, prima di compierli, dovrà chiedere al giudice tutelarel'autorizzazione.

E' possibile modificare,  i poteri dell'amministratore di sostegno previsti nel decreto di nomina?

L'amministratore deve evidenziare per iscritto, depositando la richiesta in cancelleria, eventuali esigenze sopravvenute che rendano necessario modificare o integrare i poteri previsti nel decreto di nomina ( es. se il beneficiario eredita un immobile, sarà necessario prevedere anche i poteri di vendere o gestire l'immobile).

Gli atti dell'amministratore di sostegno sono annullabili?Gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione

delle disposizioni di legge, ovvero oltrepassando i limiti fissati dal giudice nel conferimento dell'incarico o che comunque siano in contrasto con l'interesse del beneficiario, possono essere annullati su istanza dello stesso amministratore, del pubblico ministero, del beneficiario, degli eredi o aventi causa di quest'ultimo. Parimenti annullabili sono gli atti personalmente compiuti dal beneficiario in violazione della legge o delle prescrizioni del giudice.

L'amministratore può essere rimosso? L'amministratore di sostegno può essere rimosso

dall'incarico in caso di gravi inadempienze ( non si attiene nell'espletare i propri compiti a quanto stabilito dal giudice nel decreto di nomina, non tiene in considerazioni quelle che sono le reali esigenze del beneficiario....) o esonerato su sua richiesta o su richiesta del beneficiario.

L'amministrazione di sostegno può essere revocata? Può essere revocata quando ne vengono meno i presupposti (in quanto in ipotesi di infermità fisica o psichica abituale, nonché di rilevante gravità si ricorre ai diversi istituti  dell'interdizione o dell'inabilitazione) o se essa si è rivelata non idonea a realizzare la tutela del beneficiario.

E' evidente che l'istituto dell'amministrazione di sostegno, introdotto dalla legge 9 Gennaio 2004 n. 6, rispetto agli strumenti di interdizione e inabilitazione rappresenta un'importante novità: esso tende a valorizzare e promuovere l'autonomia della persona; coinvolgendo il soggetto debole nella concreta attuazione dei propri interessi. In relazione all'ambito applicativo dell'amministrazione di sostegno rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, inizialmente, la scelta si fondava, come sopra evidenziato, sul grado di infermità del soggetto ovvero sul grado di coinvolgimento del soggetto debole nella concreta attuazione dei propri interessi; stabilendo che, in mancanza di autodeterminazione del soggetto, la strada obbligata, nonché necessaria, fosse quella dell'interdizione.

Tuttavia recentemente gli orientamenti giurisprudenziali hanno mutato prospettiva; ritenendo preferibile l'amministrazione di sostegno.

Perchè ricorrere all'amministrazione di sostegno?Si ritiene preferibile ricorrere all'amministrazione di sostegno in ragione della flessibilità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze del soggettoda proteggere, essendo caratterizzato da una procedura semplice rispetto a quella di interdizione.

Queste considerazioni portano alla conclusione  che l'interdizione sia una misura residuale, tuttavia a volte necessaria, evidenziando come la giurisprudenza vuole che la scelta tra le misure ( interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno) resti ancorata al caso concreto.

[Corte Costituzionale 9.12.2005 n.440: la disciplina inserita nella legge n.6 del 2004(amministrazione di sostegno) affida al giudice il compito di individuare l'istituto che garantisca all'incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e limiti nella minor misura possibile la sua capacità..........]

Come agevolare il compito di un avvocato nell'individuare l'istituto più adeguato a  a garantire una tutela efficace del soggetto  debole, al fine di proporre ricorso davanti  al giudice?

Prendiamo il caso di un soggetto che si trova in una situazione di difficoltà tale da avere la necessità di un'assistenza nella tutela del proprio patrimonio, nonché nella gestione degli atti propri della vita quotidiana. Il soggetto si rivolge ad un avvocato, il quale, al fine di indirizzarlo verso l'istituto ( interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno ) più adeguato alla salvaguardia delle proprie esigenze, deve valutare l'entità ed il grado di gravità della situazione di difficoltà in cui versa il medesimo.

Ecco che, a partire dalla valutazione, diviene fondamentale la cooperazione tra: avvocato – medico ( per individuazione malattie, disturbi clinici, nonché, più in generale, per conoscenza della storia clinica del soggetto da tutelare ); avvocato – centro di psicologia e psicoterapia ( il quale, operando in più settori, è in grado di individuare: disturbi d'ansia, disturbi ossessivo-compulsivo, disturbi dell'attenzione e della memoria, deficit cognitivi, infermità psico-fisiche medio-gravi, nonché forme di dipendenza da sostanze, gioco, alcool, cibo....); avvocato – familiari ( a conoscenza situazione abituale del soggetto da tutelare ).

Collaborazione necessaria anche successivamente alla scelta dell'istituto da porre a fondamento della tutela del soggetto debole: in sede di redazione del ricorso da proporre al giudice; in sede di individuazione della persona da nominare come tutore, curatore, amministratore di sostegno a seconda dell'istituto prescelto per la tutela; in sede di verifica della condizione psico-fisica dell'incapace al fine di garantire una migliore tutela al soggetto in caso di cambiamento dello stato psico-fisico.



                                                    

La legge N. 112/2016 ha completato il quadro degli strumenti protettivi in favore dei soggetti deboli predisponendo la figura del TRUST.

 

IL TRUST

 

Che cosa è? Il trust è uno strumento che consente di intraprendere percorsi individualizzati volti alla cura della persona con disabilità e

del suo patrimonio. E' un istituto programmatico che si plasma di volta in volta alle esigenze di vita delle persone, alle diverse situazioni sociali e

mediche e garantisce un progetto di vita legato al presente ma proiettato al futuro.

Quali sono i soggetti del trust?         - Disponente o settlor è il soggetto che istituisce il trust;

Trustee è il soggetto che amministra e gestisce i beni oggetto del trust;

Beneficiario è il soggetto nel cui interesse sono amministrati i beni oggetto del trust;

Guardiano o protector è il soggetto che garantisce la correttezza  delle attività svolte dal trustee. 

 

                                                   TRUST significa  FIDUCIA  

                                                   Io (disponente) mi fido di te ( trustee )                  
          

                                              Ti affido dei beni, una parte del mio patrimonio 

                                  Confido che con questi beni tu (disponente) saprai realizzare gli scopi 

                                              che ti ho indicato nell'atto istitutivo di trust             

                                             così da tutelare gli interessi del soggetto debole ( beneficiario )

                                              

Il trust è strumento duttile in grado di garantire tutela ai soggetti vulnerabili: il disponente, con l'istituzione di un trust, persegue lo scopo di affidare al trustee, invece che al soggetto debole, un determinato bene, i cui redditi saranno esclusivamente destinati al mantenimento e sostegno del soggetto debole stesso.In pratica, anche se i beni del disponente sono costituiti in trust e la proprietà è trasferita al trustee, essi sono vincolati alla realizzazione del programma prefissato dal disponente nell'atto istitutivo e restano indifferenti alle vicende personali del trustee. Ecco che viene  individuato uno degli elementi essenziali del trust - LA SEGREGAZIONE PATRIMONIALE: i beni in trust sono intestati al trustee, tuttavia, essi costituiscono una massa distinta, separata, non sono parte del patrimonio del trustee; pertanto essi non possono essere oggetto di pretese da parte:                                                                                                                                              

        dei creditori personali del trustee, poiché lo stesso, seppur proprietario, detiene solo per il trust e non a titolo personale.

Infatti il trustee è investito del potere di amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee.

        dei creditori del disponente, poiché non sono più di sua proprietà;

        dei creditori del beneficiario o suoi eredi, che potranno “aggredire” i beni solo a seguito della cessazione del trust.

 Pertanto la segregazione patrimoniale garantisce la messa in sicurezza del patrimonio disposto in trust.

Inoltre al fine di garantire che il trustee disponga dei beni mobili o immobili esclusivamente per il mantenimento, le cure ed il sostegno della persona beneficiaria ( soggetto debole ) è necessaria un'ottima ed efficace redazione dell'atto istitutivo di trust.

 A tal proposito:

        Per quale ragione è fondamentale rivolgersi ad  un avvocato per redigere l'atto istitutivo? Per costituire un trust in favore di persona con disabilità

è necessario realizzare un vero e proprio atto in forma scritta. Tale atto dovrà contenere la definizione di tutti gli elementi caratteristici del trust tra cui, a titolo meramente esemplificativo:

        i dati del soggetto disponente;

        i dati del soggetto beneficiario;

        l'individuazione dei beni costituenti il fondo in trust;

        i poteri del trustee;

        gli scopi specifici per il quale viene istituito il trust e

a cui deve attenersi la gestione dei beni da parte del trustee

( finalità plasmate su quelli che sono i bisogni della persona con disabilità);

        le modalità di nomina e i poteri affidati al guardiano ove presente;

        la previsione di una cadenza temporale in cui il disponente redige la lettera dei desideri.

 

        Chi controlla l'operato del trustee?

Nel trust è frequente la presenza di un guardiano, professionista di fiducia del disponente che garantisce la correttezza delle attività svolte dal trustee; accertandosi che questi operi in modo conforme alla realizzazione delle  finalità che il trust deve perseguire. Inoltre al fine di garantire il perseguimento degli scopi espressamente previsti nell'atto istitutivo di trust, il disponente può redigere, con cadenza mensile o trimestrale, una lettera dei desideri in cui specifica, meglio, le modalità, le condizioni a cui il trustee deve attenersi nella gestione del  Ai fini di una migliore individuazione degli scopi del trust nonché dei bisogni del soggetto da tutelare, anche in questo caso, come esposto in precedenza per gli altri tre istituti di tutela ( interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno ) è fondamentale una cooperazione tra vari professionisti: avvocati – medici – psicologi- psicoterapeuti.

                                                         

CASO CONCRETO:

I genitori ( disponenti ) di una persona con disabilità (beneficiario)

possono istituire un trust che ha come scopo l'assistenza al figlio dopo

la loro morte. In tale ipotesi il trustee comincerà a svolgere le sue

funzioni solo a partire da quel momento.

I genitori potranno conferire trust la nuda proprietà di un immobile,

riservandosene l'usufrutto. Questo consentirà loro di continuare ad

abitare presso l'immobile o, se concesso in locazione, di percepirne

i frutti.

 A questo punto della trattazione può costituire una soluzione ottimale di tutela dei soggetti deboli il connubio tra trust ed amministrazione di sostegno, caratterizzati da due elementi principali: cura del patrimonio e cura della persona.

I due istituti hanno in comune la caratteristica della duttilità, che permette loro di modellarsi in modo differente ed efficace a seconda delle situazioni concrete e dei bisogni speciali di soggetti vulnerabili; in ragione anche dell'evolversi nel tempo  delle situazioni.

CASO CONCRETO:

E' possibile prevedere:

1.     che il trustee si occupi della gestione patrimoniale dei beni ed il guardiano sia preposto alla cura e alla tutela della persona con disabilità in veste di amministratore di sostegno, con potere di condizionare in modo più o meno incisivo le scelte del trustee.

2.     che il trustee sia l'amministratore di sostegno così che sia possibile  vincolare il  patrimonio unitamente a necessità relative alla cura della  persona ( amministrazione di sostegno) nonché alla trasmissione del patrimonio destinandolo alle cure del figlio sfortunato (trust); come nel caso di soggetto affetto da Alzheimer ( tutelato con amministrazione di sostegno ) e figlio invalido al 100 %.

 

 


Terapia di coppia o avvocato?

Mediazione familiare

 

Nell'universo delle separazioni non sembra esserci spazio per una terza via che tenga conto della volontà di separarsi di una coppia

senza necessariamente incorrere in una battaglia legale.

In realtà questa terza via c'è e si chiama mediazione familiare.

 

Le strutture e le relazioni familiari contemporanee si stanno trasformando e stanno assumendo configurazioni sempre più composite, mutevoli e diversificate. Lo segnalano la diminuzione dei matrimoni, l’incremento delle coppie di fatto, l’aumento delle rotture tra coniugi e tra conviventi in presenza di figli minori, il fenomeno delle ri-coabitazioni con le famiglie di origine e del “pendolarismo familiare”.

La famiglia nell’epoca iper-moderna si presenta, sempre di più, priva di un centro di gravità, stratificata e disordinata. Inoltre la precarietà degli affetti, che sta assumendo una dimensione sociale non più trascurabile, è fonte di notevole stress per tutti i soggetti coinvolti, soprattutto per i bambini.

La separazione della coppia genitoriale richiede infatti un elevato livello di adattamento, energie e risorse. Dalle ricerche emerge inoltre che padri e madri in conflitto sono maggiormente in difficoltà nel rispondere adeguatamente alle responsabilità generative e ad assumere una funzione normativa, sono più irritabili e meno coinvolti con i figli, hanno minor tempo da dedicare loro, faticano nell’ascoltarli e nel fornirgli appoggio emotivo.

Alla luce di queste considerazioni diventa quindi fondamentale il sostegno della famiglia nel suo periodo decisamente più critico, ovvero quando i genitori si separano.

 

La mediazione familiare aiuta i coniugi a gestire questo periodo conflittuale, a migliorare i rapporti con gli altri e a riacquistare la serenità della vita insieme oppure da soli.

La mediazione può evitare litigi dolorosi in caso di separazioni, divorzi, divisioni ereditarie e assistenza ai genitori anziani. Può migliorare il dialogo in famiglia e risolvere i problemi legati alla gestione di matrimoni complessi.

Nel tentativo di gestire al meglio una separazione possiamo quindi pensare di rivolgerci a un esperto che ci aiuti a gestire questioni pratiche ed emotive.

 

Che cos’è la mediazione familiare?

Si tratta di un intervento rivolto alla coppia in difficoltà, per favorire una separazione civile e senza risvolti traumatici.

La mediazione familiare prevede l’aiuto di un terzo soggetto neutrale, il mediatore, che stimola le parti a comunicare in un clima di rispetto e a individuare e tutelare i bisogni di ciascuno e quelli della famiglia, con particolare riguardo ai figli.

 

Qual è lo scopo della mediazione familiare?

In linea generale lo scopo della mediazione è quello di sostenere le coppie che si stanno separando a portare avanti un progetto di bigenitorialità, così come suggeriscono le norme giuridiche e gli approcci psicologici alla separazione.

Diversamente da una terapia psicologica, i figli normalmente non possono prendere parte al processo di mediazione, che interessa solo i due genitori. La mediazione familiare aiuta infatti i due coniugi a trovare un accordo sui vari aspetti della separazione.

 

Chi è e che ruolo ha il mediatore familiare?

Il mediatore familiare è un professionista altamente qualificato che dispone di competenze sia giuridiche sia psicologiche, esperto nelle tecniche di negoziazione.

Il compito del mediatore consiste nell’accompagnare la coppia alla definizione dei termini della separazione, suggerendo strategie e stimolando i coniugi a trovare soluzioni per chiudere il matrimonio nella maniera più pacifica e definitiva possibile.

Una volta stabilite tutte le condizioni non si dovrà far altro che ratificarle attraverso il tribunale.

 

Che cosa non fa il mediatore familiare?

Il mediatore familiare:

-       non parteggia per nessuno perché ha una posizione imparziale rispetto agli interessi in gioco;

-       non rivela a nessuno ciò che viene a sapere nel corso della mediazione poiché è tenuto al segreto professionale;

-       non giudica l’operato delle parti: il suo compito è accogliere e consigliare, non esprimere valutazioni;

-       non si occupa del passato ma lavora sul presente e sul futuro;

-       non impone soluzioni pre-confezionate perché il suo obiettivo è trovare una soluzione personalizzata per le specifiche esigenze della coppia;

-       non tenta di riconciliare né di separare i coniugi, ma li stimola a capire ciò che realmente vogliono per se stessi e per la loro famiglia.


Quali sono le origini della mediazione familiare?

La mediazione familiare, intesa in senso stretto come strumento alternativo o integrativo di risoluzione dei conflitti familiari, nacque negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60. Successivamente si diffuse in Canada e, a partire dagli anni ’80, in Europa.

La mediazione, intesa in senso più ampio come modo per trovare una conciliazione tra i contendenti, ha invece origini molto più antiche. È sufficiente pensare alla Cina del V secolo, dove Confucio auspicava l’utilizzo della mediazione per dirimere i conflitti tra i cittadini oppure alla storia greca, nella quale spesso le controversie tra le città-stato venivano affidate ad un mediatore.


A chi può essere utile la mediazione familiare?

La mediazione familiare può essere utile alle coppie che intendono separarsi e che desiderano concordare le condizioni della separazione, decidendo in prima persona quale sarà il futuro proprio e dei propri figli.

Risulta un valido strumento anche per tutti coloro che, all’interno della famiglia, vivono un conflitto e vogliono tentare di risolverlo direttamente, senza delegare ciò all’autorità giudiziaria.

 

Quali argomenti si possono trattare nella mediazione familiare?

Nel corso della mediazione familiare possono essere affrontati e negoziati potenzialmente tutti gli argomenti che riguardano la famiglia.

Sono le parti a decidere di che cosa parlare e su quali punti cercare un accordo (in caso di separazione l’argomento principale della mediazione è generalmente quello dell’affidamento, del collocamento e del mantenimento dei figli).

 

Qual è il naturale epilogo del percorso di mediazione familiare?

Generalmente il percorso di mediazione familiare si conclude con un accordo tra le parti che risolve la controversia.

Se si sta negoziando una separazione tra i coniugi l’accordo includerà le condizioni con attenzione tanto agli aspetti economici quanto all’affidamento dei figli. Tale accordo rappresenta un vero e proprio impegno scritto, debitamente sottoscritto dalle parti, che dovrà poi essere portato ad un avvocato.


Quali sono i vantaggi della mediazione familiare?

I vantaggi della mediazione familiare sono molteplici e rilevanti:

-       abbassare il livello di conflittualità con una ricaduta positiva sui rapporti tra i coniugi e di questi ultimi con i figli;

-       tutelare al massimo gli interessi dei figli prendendo coscienza che si può smettere di essere marito e moglie ma non si può e non si deve smettere di essere genitori;

-       decidere in prima persona come riorganizzare la famiglia senza delegare a ciò i giudici;

-       ridurre di molto le spese di giustizia;


-       ridurre di molto i tempi della separazione.