Indice |
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Consulenza legale, psicologia forense e non solo |
L'interdizione |
L'inabilitazione |
L'amministratore di sostegno |
Il trust |
Mediazione familiare |
Tutte le pagine |
Perché è importante una collaborazione tra un Centro Psicopedagogico e uno Studio Legale?
Esiste
una stretta relazione tra molte delle problematiche legali e il manifestarsi di
disagi psicologici. In alcuni casi anche la necessità di valutazioni e/o
supporto psicologico come: nel caso di separazione e divorzio al
fine di valutare le più opportune modalità di affidamento dei figli, nei casi
di adozione per valutare le risorse e le potenzialità delle capacità
genitoriali, nei casi di nullità matrimoniale, nell’accertamento di
un danno psicologico, esistenziale e morale o in caso di mobbing.
La
collaborazione tra lo studio legale e il Nuovo Centro Kaleidos
avviene su tutte le tematiche di carattere giuridico che hanno anche delle
implicazioni di tipo psicologico.
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Nel DIRITTO DI FAMIGLIA Separazione,
divorzio, affidamento dei figli
- Nel DIRITTO
CIVILE Tutela, curatela, amministratore di sostegno
Nell’ambito
strettamente privatistico si deve rivolgere particolare attenzione al risarcimento
del danno: biologico, morale, psichico, esistenziale
- Nel DIRITTO
PENALE la cooperazione è necessaria per quello che riguarda la delinquenza
minorile con particolare attenzione alla pericolosità sociale dei soggetti
[bullismo etc.], abusi , maltrattamenti, e più in generale : stalking,
mobbing, maltrattamenti e abusi.
Gli istituti giuridici di protezione della persona in
difficoltà, previsti nel nostro ordinamento e di cui si è deciso trattare sono:
interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno e trust.
L'INTERDIZIONE
Che cos'è? La pronuncia di interdizione è una valida forma di protezione prevista per coloro che per abituale Infermità di mente, nonché per gravi incapacità non sono in grado di provvedere, autonomamente, ai propri interessi. L'interdizione è pronunciata dal Giudice Tutelare all'esito di un giudizio che deve essere promosso tramite avvocato e comporta la nomina di un tutore.
Quale è la condizione giuridica dell’interdetto? L'interdetto non può compiere direttamente nessun atto che abbia una rilevanza giuridica se non quelli necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana in rapporto alle proprie capacità intellettive.
Chi può richiedere al giudice un provvedimento di interdizione? L'interdizione può essere promossa: dalle persone direttamente interessate; dal coniuge; dalla persona stabilmente convivente; dai parenti entro il quarto grado; dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore; dal pubblico ministero. La richiesta di interdizione è fatta con ricorso contenente l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata e viene presentata davanti al giudice del tribunale del luogo dove la persona che deve essere interdetta ha la residenza o il domicilio.
Quali sono le fasi del procedimento? Richiesta di interdizione attraverso il ricorso; Il Presidente del Tribunale dà comunicazione del ricorso al Pubblico Ministero, che può, valutata la domanda, chiedere che la stessa sia respinta con decreto; Se ciò non avviene, il Presidente nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza in cui devono comparire :colui che ha presentato la domanda colui per il quale è richiesta l'interdizione tutti coloro che sono nominati nella domanda ( in quanto testimoni della condizione psico-fisica del soggetto per cui si richiede l'interdizione) All'udienza il giudice istruttore svolge i seguenti adempimenti: procede all'esame della persona che deve essere interdetta sente il parere delle altre persone citate può richiedere d'ufficio l'assunzione di ulteriori informazioni. Dopo l'esame della persona da interdire, il giudice istruttore può, anche d'ufficio, nominare un tutore provvisorio qualora ne ravvisi la necessità o debbano essere compiuti atti urgenti All'esito del giudizio, il giudice, ravvisati i i presupposti, con sentenza dichiara l'interdizione e viene disposta la nomina di un tutore.
Chi può essere nominato tutore? Con sentenza che dichiara l'interdizione viene disposta la nomina di un tutore, scelto di preferenza tra il coniuge che non sia separato, il padre, la madre, un figlio maggiorenne o la persona designata contestamento dal genitore superstite. Il tutore può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della sua futura eventuale incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza di tale designazione da parte dello stesso interessato o in presenza di gravi motivi, il Giudice tutelare può designare con decreto motivato un tutore diverso. La scelta avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario.
Quali sono i poteri del tutore assegnati con decreto del Giudice? Il tutore ha il compito di rappresentare legalmente l'interdetto e di amministrare il suo patrimonio. In particolare il giudice, tramite decreto, assegna al tutore i seguenti poteri: compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione ( atti destinati alla gestione del patrimonio senza intaccarne la consistenza) necessari alla vita quotidiana dell'interdetto; compiere gli atti di straordinaria amministrazione ( ad esempio vendita o acquisto di beni immobili o di beni mobili di valore, accettazione di eredità......) solo previa autorizzazione del Giudice Tutelare o del tribunale, a seconda dei casi di cui agli artt. 412 413 del codice civile. Il tutore deve, inoltre, tenere la contabilità della sua amministrazione e deve renderne conto annualmente al Giudice Tutelare.
Quale è la durata dell'incarico del tutore? L'incarico del tutore non può essere conferito per un periodo superiore ai dieci anni ad eccezione del coniuge, della persona convivente, degli ascendenti e dei discendenti.
L'interdizione può essere revocata? Nel caso in cui vengano meno i presupposti che hanno condotto all'interdizione; essa può essere revocata in ogni momento con sentenza del tribunale su istanza del coniuge, del convivente, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado, del tutore , del pubblico ministero. Se il tribunale, pur riconoscendo fondata l'istanza di revoca dell'interdizione, non ritiene che l'interdetto abbia riacquistato la piena capacità, può revocare l'interdizione e trasmettere gli atti al giudice tutelare affinchè apra una procedura di amministrazione di sostegno.
L'INABILITAZIONE
Che cosa è? La pronuncia di inabilitazione è la forma di protezione prevista per coloro che si trovano in condizione di parziale incapacità, o meglio di infermità mentale non così grave da giustificare una pronuncia di interdizione.
Chi può essere inabilitato? L'inabilitazione ricorre nel caso di soggetti, maggiori di età, che si trovano nelle seguenti condizioni:infermità di mente non così grave da comportare l'interdizione; prodigalità ( abitudine a spendere in modo disordinato e smisurato rispetto alle proprie condizioni economiche; dedizione a giochi di azzardo ); abuso di bevande alcoliche o di stupefacenti; alcune imperfezioni o menomazioni fisiche, come il sordomutismo o la cecità dalla nascita o dalla prima infanzia, che non siano state accompagnate da un'educazione correttiva tale da assicurare al soggetto una sufficiente autonomia psico-fisica.
Per quanto attiene la condizione giuridica in cui si trova l'inabilitato, nonché le fasi del procedimento di inabilitazione ( istanza di inabilitazione, proposizione del ricorso davanti al giudice, svolgimento dell'udienza, emissione di decreto di nomina di curatore, revoca dell'inabilitazione ) si fa riferimento a quanto esposto in materia di interdizione.
In ogni caso occorre sottolineare che, mentre nel giudizio di interdizione la valutazione del giudice riguarda sia gli aspetti patrimoniali sia gli atti della vita civile attinenti alla cura della persona e ai doveri familiari e pubblici; nel giudizio di inabilitazione il giudice deve esaminare soprattutto il pregiudizio economico cui è esposto l'inabilitato o la sua famiglia. In sede di udienza il giudice istruttore procede all'esame dell'inabilitando, sente il parere delle altre persone citate e, se non ritiene necessaria l'assunzione di ulteriori informazioni, con sentenza che dichiara l'inabilitazione, dispone che gli atti di straordinaria amministrazione debbano essere compiuti con l'assistenza del curatore nominato dal tribunale. Il curatore, a differenza del tutore ( previsto per l'interdizione) non ha funzioni di rappresentanza ma di assistenza: non sostituisce bensì integra la volontà dell'inabilitato;
il
curatore cura solo interessi di natura patrimoniale.
L'interdizione
e l'inabilitazione permettono di riconoscere due istituti fondamentali di
protezione dei soggetti incapaci: la tutela e la curatela, le cui
caratteristiche vengono individuate, rispettivamente, attraverso i poteri del tutore
e del curatore.
L'AMMINISTRAZIONE
DI SOSTEGNO
L'amministrazione di sostegno vuole rappresentare una risposta concreta ai bisogni di soggetti fragili che non possono essere protetti con gli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione in quanto a loro non estensibili, trattandosi di persone con infermità o menomazioni fisiche o psichiche non così gravi da giustificarne l'applicazione.
Che cosa è? E' un istituto finalizzato a tutelare persone che, pur mantenendo la capacità di intendere e di volere, per infermità o menomazioni fisiche o psichiche, parziali o temporanee, nonché di media-gravità, non hanno la piena autonomia nella vita quotidiana.
Chi può essere assistito da un amministratore di sostegno? Può beneficiare dell'amministrazione di sostegno chiunque sia colpito da una menomazione o da una infermità fisica o psichica tale da porre il soggetto in una condizione di impossibilità temporanea o permanente a compiere alcuni atti giuridici. Si pensi, ad esempio, all'anziano che perde solo alcune autonomie ( disfunzioni cognitive, difficoltà nella memoria, nello svolgimento di semplici calcoli ) pur mantenendo buone capacità di relazione e di comprensione della sua condizione; all'invalido a seguito di un sinistro che non sia in
grado
di compiere alcuni atti, al malato che a seguito di adeguata terapia manifesti
un buon grado di autonomia.
E', inoltre, opportuno ribadire che la persona non debba versare in una situazione così grave da essere in condizione di abituale infermità di mente tale da renderla incapace di provvedere ai propri interessi perchè, in questo caso, risulterebbe necessario uno strumento di protezione maggiore, come l'interdizione.
Infine
è utile evidenziare che la disciplina in tema di amministrazione di sostegno
indica che il beneficiario deve poter essere nella condizione di esprimere i
propri bisogni, le proprie aspettative, deve avere la capacità di comunicare il
proprio disappunto e le proprie valutazioni rispetto agli atti da compiere e
che lo riguardano.
Chi può proporre il ricorso per l'amministrazione di sostegno? Il procedimento di amministrazione di sostegno ha inizio con la proposizione del ricorso. Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere proposto: dallo stesso beneficiario ( pertanto da chi ritiene di essere in difficoltà nella gestione della propria vita, per malattie causa di una ridotta autonomia o perchè con l'età sopraggiungono impedimenti a compiere alcuni atti, con il rischio di gravi pregiudizi o di esposizione a raggiri); dal coniuge o dalla persona stabilmente convivente; dai parenti entro il quarto grado ( genitori, figli, fratelli o sorelle, nonni, zii, nipoti, cugini);dagli affini entro il secondo grado ( cognati, suoceri, generi, nuore); dal tutore o curatore; dal pubblico ministero.
Se il ricorso ha come beneficiario una persona interdetta o inabilitata deve essere presentato congiuntamente all'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione davanti al giudice competente per quest'ultima.
Chi ha l'obbligo di proporre il ricorso per l'amministrazione di sostegno? I responsabili dei servizi sanitari e sociali, se a conoscenza di fatti tali da rendere necessario il procedimento di amministrazione di sostegno, devono proporre il ricorso o darne notizia al pubblico ministero.
Quali sono le fasi del procedimento? La domanda deve essere proposta al Giudice Tutelare del luogo in cui vive abitualmente la persona interessata ( se ricoverata permanentemente presso una residenza per anziani o altra struttura è competente il giudicedel luogo di ricovero).Invece il ricovero temporaneo ( es. per riabilitazione) non influisce sul luogo dove presentare la domanda, che resteràdeterminato in base alla residenza del beneficiario. 2. Il giudice tutelare fissa udienza di esame del beneficiario ed il ricorrente deve: notificare il ricorso al beneficiario;notificare il ricorso ai parenti ed agli affini il decreto di fissazione udienza.3. All'udienza il giudice tutelare deve sentire l'interessato e puòassumere informazioni e disporre accertamenti anche medici. 4. All'esito dell'esame dell'interessato il giudice, qualora ricorrano i presupposti, nomina l'amministratore con decreto. Il decreto del giudice stabilisce la durata dell'incarico e i poteri dell'amministrazione di sostegno; il quale, una volta nominato, presta giuramento di svolgere il proprio incarico con fedeltà e diligenza.
Chi può essere nominato come amministratore di sostegno ? La scelta avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. Può essere designato dallo stesso interessato in previsione della sua eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza di tale designazione vi provvede il giudice con decreto motivato. Nella scelta il giudice predilige, ove possibile, il coniuge che non sia legalmente separato, la persona stabilmente convivente, il padre o la madre, il figlio, il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado o il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
In
ogni caso la scelta deve ricadere su persone idonee
Quali sono i compiti dell'amministratore di sostegno? Nello svolgimento dei suoi compiti l'amministratore di
sostegno
deve tener conto delle aspirazioni e dei bisogni del beneficiario ed informarlo
delle decisioni che intende prendere e, in caso di dissenso, informarne il
giudice tutelare. Appena nominato l'amministratore dovrà fare un elenco dei beni
di maggior valore del beneficiario ( mobili, quadri, oggetti preziosi,
immobili.....) A tal proposito sussiste l'obbligo di RENDICONTO: ogni anno,
decorrente dal giorno del giuramento o con la cadenza stabilita dal giudice
tutelare nel decreto di nomina, l'amministratore deve depositare presso la
cancelleria del tribunale il rendiconto della gestione economica, documentando,
altresì, le spese di rilevante entità. In occasione del rendiconto
l'amministratore fornirà per iscritto al giudice tutelare ogni informazione
utile circa il proprio operato e le condizioni di vita e salute del
beneficiario allegando, altresì, certificato medico.
L'amministratore
può erogare spese ordinarie nei limiti fissati dal giudice nel decreto.Nel caso
in cui fosse necessario compiere atti di straordinaria amministrazione (
partecipare ad atti notarili, accendere mutui, promuovere giudizi, accettare
l'eredità o rinunciarvi ), l'amministratore, prima di compierli, dovrà chiedere
al giudice tutelarel'autorizzazione.
E' possibile modificare, i poteri dell'amministratore di sostegno previsti nel decreto di nomina?
L'amministratore
deve evidenziare per iscritto, depositando la richiesta in cancelleria,
eventuali esigenze sopravvenute che rendano necessario modificare o
integrare i poteri previsti nel decreto di nomina ( es. se il
beneficiario eredita un immobile, sarà necessario prevedere anche i poteri di
vendere o gestire l'immobile).
Gli atti dell'amministratore di sostegno sono annullabili?Gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione
delle
disposizioni di legge, ovvero oltrepassando i limiti fissati dal giudice nel
conferimento dell'incarico o che comunque siano in contrasto con l'interesse
del beneficiario, possono essere annullati su istanza dello stesso
amministratore, del pubblico ministero, del beneficiario, degli eredi o aventi causa
di quest'ultimo. Parimenti annullabili sono gli atti personalmente compiuti dal
beneficiario in violazione della legge o delle prescrizioni del giudice.
L'amministratore può essere rimosso? L'amministratore di sostegno può essere rimosso
dall'incarico
in caso di gravi inadempienze ( non si attiene nell'espletare i propri compiti
a quanto stabilito dal giudice nel decreto di nomina, non tiene in
considerazioni quelle che sono le reali esigenze del beneficiario....) o
esonerato su sua richiesta o su richiesta del beneficiario.
L'amministrazione di sostegno può essere revocata? Può essere revocata quando ne vengono meno i presupposti (in quanto in ipotesi di infermità fisica o psichica abituale, nonché di rilevante gravità si ricorre ai diversi istituti dell'interdizione o dell'inabilitazione) o se essa si è rivelata non idonea a realizzare la tutela del beneficiario.
E' evidente che l'istituto dell'amministrazione di sostegno, introdotto dalla legge 9 Gennaio 2004 n. 6, rispetto agli strumenti di interdizione e inabilitazione rappresenta un'importante novità: esso tende a valorizzare e promuovere l'autonomia della persona; coinvolgendo il soggetto debole nella concreta attuazione dei propri interessi. In relazione all'ambito applicativo dell'amministrazione di sostegno rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, inizialmente, la scelta si fondava, come sopra evidenziato, sul grado di infermità del soggetto ovvero sul grado di coinvolgimento del soggetto debole nella concreta attuazione dei propri interessi; stabilendo che, in mancanza di autodeterminazione del soggetto, la strada obbligata, nonché necessaria, fosse quella dell'interdizione.
Tuttavia
recentemente gli orientamenti giurisprudenziali hanno mutato prospettiva;
ritenendo preferibile l'amministrazione di sostegno.
Perchè ricorrere all'amministrazione di sostegno?Si ritiene preferibile ricorrere all'amministrazione di sostegno in ragione della flessibilità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze del soggettoda proteggere, essendo caratterizzato da una procedura semplice rispetto a quella di interdizione.
Queste considerazioni portano alla conclusione che l'interdizione sia una misura residuale, tuttavia a volte necessaria, evidenziando come la giurisprudenza vuole che la scelta tra le misure ( interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno) resti ancorata al caso concreto.
[Corte
Costituzionale 9.12.2005 n.440: la disciplina inserita nella legge n.6 del
2004(amministrazione di sostegno) affida al giudice il compito di
individuare l'istituto che garantisca all'incapace la tutela più adeguata alla
fattispecie e limiti nella minor misura possibile la sua capacità..........]
Come agevolare il compito di un avvocato nell'individuare l'istituto più adeguato a a garantire una tutela efficace del soggetto debole, al fine di proporre ricorso davanti al giudice?
Prendiamo il caso di un soggetto che si trova in una situazione di difficoltà tale da avere la necessità di un'assistenza nella tutela del proprio patrimonio, nonché nella gestione degli atti propri della vita quotidiana. Il soggetto si rivolge ad un avvocato, il quale, al fine di indirizzarlo verso l'istituto ( interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno ) più adeguato alla salvaguardia delle proprie esigenze, deve valutare l'entità ed il grado di gravità della situazione di difficoltà in cui versa il medesimo.
Ecco che, a partire dalla valutazione, diviene fondamentale la cooperazione tra: avvocato – medico ( per individuazione malattie, disturbi clinici, nonché, più in generale, per conoscenza della storia clinica del soggetto da tutelare ); avvocato – centro di psicologia e psicoterapia ( il quale, operando in più settori, è in grado di individuare: disturbi d'ansia, disturbi ossessivo-compulsivo, disturbi dell'attenzione e della memoria, deficit cognitivi, infermità psico-fisiche medio-gravi, nonché forme di dipendenza da sostanze, gioco, alcool, cibo....); avvocato – familiari ( a conoscenza situazione abituale del soggetto da tutelare ).
Collaborazione necessaria anche successivamente alla scelta dell'istituto da porre a fondamento della tutela del soggetto debole: in sede di redazione del ricorso da proporre al giudice; in sede di individuazione della persona da nominare come tutore, curatore, amministratore di sostegno a seconda dell'istituto prescelto per la tutela; in sede di verifica della condizione psico-fisica dell'incapace al fine di garantire una migliore tutela al soggetto in caso di cambiamento dello stato psico-fisico.
La
legge N. 112/2016 ha completato il quadro degli strumenti protettivi in favore
dei soggetti deboli predisponendo la figura del TRUST.
IL
TRUST
Che cosa è? Il trust è uno strumento che consente di intraprendere percorsi individualizzati volti alla cura della persona con disabilità e
del suo patrimonio. E' un istituto programmatico che si plasma di volta in volta alle esigenze di vita delle persone, alle diverse situazioni sociali e
mediche e garantisce un progetto di vita legato al presente ma proiettato al futuro.
Quali sono i soggetti del trust? - Disponente o settlor è il soggetto che istituisce il trust;
Trustee è il soggetto che amministra e gestisce i beni oggetto del trust;
Beneficiario è il soggetto nel cui interesse sono amministrati i beni oggetto del trust;
Guardiano o protector è il soggetto che garantisce la correttezza delle attività svolte dal trustee.
TRUST significa FIDUCIA
Io (disponente)
mi fido di te ( trustee )
Ti affido dei beni, una parte del mio patrimonio
Confido che con questi beni tu (disponente) saprai realizzare gli scopi
che ti ho indicato nell'atto istitutivo di trust
così da tutelare gli interessi del soggetto debole ( beneficiario )
Il trust è strumento duttile in grado di garantire tutela ai soggetti vulnerabili: il disponente, con l'istituzione di un trust, persegue lo scopo di affidare al trustee, invece che al soggetto debole, un determinato bene, i cui redditi saranno esclusivamente destinati al mantenimento e sostegno del soggetto debole stesso.In pratica, anche se i beni del disponente sono costituiti in trust e la proprietà è trasferita al trustee, essi sono vincolati alla realizzazione del programma prefissato dal disponente nell'atto istitutivo e restano indifferenti alle vicende personali del trustee. Ecco che viene individuato uno degli elementi essenziali del trust - LA SEGREGAZIONE PATRIMONIALE: i beni in trust sono intestati al trustee, tuttavia, essi costituiscono una massa distinta, separata, non sono parte del patrimonio del trustee; pertanto essi non possono essere oggetto di pretese da parte:
–
dei creditori personali del trustee, poiché lo
stesso, seppur proprietario, detiene solo per il trust e non a titolo
personale.
Infatti
il trustee è investito del potere di amministrare, gestire o disporre dei beni in
conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla
legge al trustee.
–
dei creditori del disponente, poiché non sono
più di sua proprietà;
–
dei creditori del beneficiario o suoi eredi, che
potranno “aggredire” i beni solo a seguito della cessazione del trust.
Inoltre
al fine di garantire che il trustee disponga dei beni mobili o immobili
esclusivamente per il mantenimento, le cure ed il sostegno della persona
beneficiaria ( soggetto debole ) è necessaria un'ottima ed efficace
redazione dell'atto istitutivo di trust.
–
Per quale ragione è fondamentale rivolgersi
ad un avvocato per redigere l'atto
istitutivo? Per costituire un trust in favore di persona con disabilità
è
necessario realizzare un vero e proprio atto in forma scritta. Tale atto dovrà
contenere la definizione di tutti gli elementi caratteristici del trust tra
cui, a titolo meramente esemplificativo:
–
i dati del soggetto disponente;
–
i dati del soggetto beneficiario;
–
l'individuazione dei beni costituenti il fondo
in trust;
–
i poteri del trustee;
–
gli scopi specifici per il quale viene
istituito il trust e
a cui
deve attenersi la gestione dei beni da parte del trustee
(
finalità plasmate su quelli che sono i bisogni della persona con disabilità);
–
le modalità di nomina e i poteri affidati al guardiano
ove presente;
–
la previsione di una cadenza temporale in cui il
disponente redige la lettera dei desideri.
–
Chi controlla l'operato del trustee?
Nel
trust è frequente la presenza di un guardiano, professionista di fiducia
del disponente che garantisce la correttezza delle attività svolte dal trustee;
accertandosi che questi operi in modo conforme alla realizzazione delle finalità che il trust deve perseguire. Inoltre
al fine di garantire il perseguimento degli scopi espressamente previsti
nell'atto istitutivo di trust, il disponente può redigere, con cadenza mensile
o trimestrale, una lettera dei desideri in cui specifica, meglio, le
modalità, le condizioni a cui il trustee deve attenersi nella gestione del Ai fini di una migliore individuazione degli
scopi del trust nonché dei bisogni del soggetto da tutelare, anche in questo
caso, come esposto in precedenza per gli altri tre istituti di tutela (
interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno ) è fondamentale una
cooperazione tra vari professionisti: avvocati – medici – psicologi-
psicoterapeuti.
CASO CONCRETO:
I genitori ( disponenti
) di una persona con disabilità (beneficiario)
possono istituire un
trust che ha come scopo l'assistenza al figlio dopo
la loro morte.
In tale ipotesi il trustee comincerà a svolgere le sue
funzioni solo a
partire da quel momento.
I genitori potranno
conferire trust la nuda proprietà di un immobile,
riservandosene
l'usufrutto. Questo consentirà loro di continuare ad
abitare presso
l'immobile o, se concesso in locazione, di percepirne
i frutti.
I due
istituti hanno in comune la caratteristica della duttilità, che permette loro
di modellarsi in modo differente ed efficace a seconda delle situazioni
concrete e dei bisogni speciali di soggetti vulnerabili; in ragione anche
dell'evolversi nel tempo delle
situazioni.
CASO CONCRETO:
E' possibile
prevedere:
1.
che il trustee si occupi della gestione
patrimoniale dei beni ed il guardiano sia preposto alla cura e alla tutela
della persona con disabilità in veste di amministratore di sostegno, con
potere di condizionare in modo più o meno incisivo le scelte del trustee.
2.
che il trustee sia l'amministratore di
sostegno così che sia possibile
vincolare il patrimonio
unitamente a necessità relative alla cura della
persona ( amministrazione di sostegno) nonché alla trasmissione
del patrimonio destinandolo alle cure del figlio sfortunato (trust); come nel
caso di soggetto affetto da Alzheimer ( tutelato con amministrazione di
sostegno ) e figlio invalido al 100 %.
Terapia di
coppia o avvocato?
Mediazione
familiare
Nell'universo
delle separazioni non sembra esserci spazio per una terza via che tenga conto
della volontà di separarsi di una coppia
senza
necessariamente incorrere in una battaglia legale.
In realtà questa
terza via c'è e si chiama mediazione familiare.
Le
strutture e le relazioni familiari contemporanee si stanno trasformando e
stanno assumendo configurazioni sempre più composite, mutevoli e diversificate.
Lo segnalano la diminuzione dei matrimoni, l’incremento delle coppie di fatto,
l’aumento delle rotture tra coniugi e tra conviventi in presenza di figli
minori, il fenomeno delle ri-coabitazioni con le famiglie di origine e del
“pendolarismo familiare”.
La famiglia nell’epoca iper-moderna si presenta, sempre
di più, priva di un centro di gravità, stratificata e disordinata. Inoltre la
precarietà degli affetti, che sta assumendo una dimensione sociale non più
trascurabile, è fonte di notevole stress per tutti i soggetti coinvolti,
soprattutto per i bambini.
La separazione della coppia genitoriale richiede infatti
un elevato livello di adattamento, energie e risorse. Dalle ricerche emerge
inoltre che padri e madri in conflitto sono maggiormente in difficoltà nel
rispondere adeguatamente alle responsabilità generative e ad assumere una
funzione normativa, sono più irritabili e meno coinvolti con i figli, hanno
minor tempo da dedicare loro, faticano nell’ascoltarli e nel fornirgli appoggio
emotivo.
Alla luce di queste considerazioni diventa quindi fondamentale
il sostegno della famiglia nel suo periodo decisamente più critico, ovvero quando
i genitori si separano.
La mediazione familiare aiuta i coniugi a gestire
questo periodo conflittuale, a migliorare i rapporti con gli altri e a
riacquistare la serenità della vita insieme oppure da soli.
La mediazione può evitare litigi dolorosi in caso di
separazioni, divorzi, divisioni ereditarie e assistenza ai genitori anziani.
Può migliorare il dialogo in famiglia e risolvere i problemi legati alla
gestione di matrimoni complessi.
Nel tentativo di
gestire al meglio una separazione possiamo quindi pensare di rivolgerci a un
esperto che ci aiuti a gestire questioni pratiche ed emotive.
Che cos’è la mediazione familiare?
Si tratta di un intervento
rivolto alla coppia in difficoltà, per favorire una separazione civile e senza risvolti
traumatici.
La mediazione familiare prevede l’aiuto
di un terzo soggetto neutrale, il mediatore, che stimola le parti a comunicare
in un clima di rispetto e a individuare e tutelare i bisogni di ciascuno e
quelli della famiglia, con particolare riguardo ai figli.
Qual è lo scopo della mediazione
familiare?
In linea generale lo scopo della mediazione è quello di sostenere le
coppie che si stanno separando a portare avanti un progetto di bigenitorialità,
così come suggeriscono le norme giuridiche e gli approcci psicologici alla
separazione.
Diversamente da una terapia psicologica, i figli normalmente non possono prendere
parte al processo di mediazione, che interessa solo i due genitori. La mediazione familiare aiuta infatti
i due coniugi a trovare un accordo sui vari aspetti della separazione.
Chi è e che ruolo ha il mediatore
familiare?
Il mediatore familiare è un professionista altamente qualificato
che dispone di competenze sia giuridiche sia psicologiche, esperto nelle
tecniche di negoziazione.
Il compito del mediatore consiste nell’accompagnare
la coppia alla definizione dei termini della separazione, suggerendo strategie
e stimolando i coniugi a trovare soluzioni per chiudere il matrimonio nella maniera più pacifica e
definitiva possibile.
Una volta stabilite tutte le condizioni
non si dovrà far altro che ratificarle attraverso il tribunale.
Che cosa non fa il
mediatore familiare?
Il
mediatore familiare:
-
non parteggia per nessuno perché ha una posizione
imparziale rispetto agli interessi in gioco;
-
non rivela a nessuno ciò che viene a sapere nel corso
della mediazione poiché è tenuto al segreto professionale;
-
non giudica l’operato delle parti: il suo compito è
accogliere e consigliare, non esprimere valutazioni;
-
non si occupa del passato ma lavora sul presente e sul
futuro;
-
non impone soluzioni pre-confezionate perché il suo
obiettivo è trovare una soluzione personalizzata per le specifiche esigenze
della coppia;
-
non tenta di riconciliare né di separare i coniugi, ma
li stimola a capire ciò che realmente vogliono per se stessi e per la loro
famiglia.
Quali sono le origini della mediazione familiare?
La
mediazione familiare, intesa in senso stretto come strumento alternativo o
integrativo di risoluzione dei conflitti familiari, nacque negli Stati Uniti
alla fine degli anni ’60. Successivamente si diffuse in Canada e, a partire
dagli anni ’80, in Europa.
La
mediazione, intesa in senso più ampio come modo per trovare una conciliazione
tra i contendenti, ha invece origini molto più antiche. È sufficiente pensare
alla Cina del V secolo, dove Confucio auspicava l’utilizzo della mediazione per
dirimere i conflitti tra i cittadini oppure alla storia greca, nella quale
spesso le controversie tra le città-stato venivano affidate ad un mediatore.
A chi può essere utile la mediazione familiare?
La
mediazione familiare può essere utile alle coppie che intendono separarsi e che
desiderano concordare le condizioni della separazione, decidendo in prima
persona quale sarà il futuro proprio e dei propri figli.
Risulta
un valido strumento anche per tutti coloro che, all’interno della famiglia, vivono
un conflitto e vogliono tentare di risolverlo direttamente, senza delegare ciò all’autorità
giudiziaria.
Quali
argomenti si possono trattare nella mediazione familiare?
Nel
corso della mediazione familiare possono essere affrontati e negoziati potenzialmente
tutti gli argomenti che riguardano la famiglia.
Sono
le parti a decidere di che cosa parlare e su quali punti cercare un accordo (in
caso di separazione l’argomento principale della mediazione è generalmente
quello dell’affidamento, del collocamento e del mantenimento dei figli).
Qual
è il naturale epilogo del percorso di mediazione familiare?
Generalmente
il percorso di mediazione familiare si conclude con un accordo tra le parti che
risolve la controversia.
Se si
sta negoziando una separazione tra i coniugi l’accordo includerà le condizioni
con attenzione tanto agli aspetti economici quanto all’affidamento dei figli.
Tale accordo rappresenta un vero e proprio impegno scritto, debitamente
sottoscritto dalle parti, che dovrà poi essere portato ad un avvocato.
Quali sono i vantaggi della mediazione familiare?
I
vantaggi della mediazione familiare sono molteplici e rilevanti:
-
abbassare il livello di conflittualità con una
ricaduta positiva sui rapporti tra i coniugi e di questi ultimi con i figli;
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tutelare al massimo gli interessi dei figli prendendo
coscienza che si può smettere di essere marito e moglie ma non si può e non si
deve smettere di essere genitori;
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decidere in prima persona come riorganizzare la
famiglia senza delegare a ciò i giudici;
-
ridurre di molto le spese di giustizia;
-
ridurre di molto i tempi della separazione.