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AUTISMO : 2 APRILE GIORNATA  MONDIALE

AUTISMO....impariamo a conoscerlo

Autismo: “una breccia nel muro” con la terapia precoce. A Roma un centro d’avanguardia.

“Nostro figlio ha sempre presentato comportamenti problematici, che ci impedivano di vivere il quotidiano con serenità. Con lui non potevamo fare niente, anche fare la spesa era difficile, perché urlava sempre. Dopo il trattamento, però, abbiamo riscontrato grossi miglioramenti a livello comportamentale e ci auguriamo che continui così. Sappiamo che non può guarire, ma migliorare sicuramente sì”. A parlare è Rodolfo Gentile, papà di uno dei piccoli pazienti del centro “Una breccia nel muro” di Roma, il primo in Italia specializzato nel trattamento precoce dell’autismo. Nato dalla collaborazione tra l’ospedale pediatrico Bambino Gesù e la fondazione Roma solidale, il centro propone un percorso educativo indirizzato ai bambini autistici in età prescolare (tra i 18 mesi e i sei anni) basato su un trattamento terapeutico intensivo, che prevede il coinvolgimento e la formazione delle famiglie. I risultati di questo approccio, che è alla base del modello di intervento sul disturbo dell’autismo (Eibi), sono stati presentati ieri nel corso del convegno “Bambini e autismo: quale trattamento?”.
“Nel Lazio ci sono circa 1400 bambini tra i due e i sei anni affetti da questo disturbo. L’ospedale Bambino Gesù diagnostica circa 20 casi al mese- aggiunge Alberto Zuliani presidente della fondazione Roma solidale- La domanda terapeutica è crescente, ma la risposta è striminzita e le famiglie sono spesso lasciate sole. Il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita di questi bambini in età prescolare, pensando che poi ci sarà anche un’età scolare e adolescenziale in cui ci saranno nuovi problemi. Per questo uno degli aspetti fondamentali è la formazione delle famiglie nel trattamento”. Nel centro si segue un percorso terapeutico con un lavoro degli operatori per oltre 9 ore al giorno.
“Il percorso prevede inizialmente tre settimane intensive di lavoro terapeutico sul bambino e di formazione del genitore a questo tipo di intervento per circa 27 ore settimanali- sottolinea Leonardo Fava, psicoterapeuta dell’ospedale Bambino Gesù di Roma e responsabile del progetto- dopodiché il bambino torna per tre settimane nel suo ambiente naturale dove il genitore prosegue l’intervento con la supervisione di professionisti, prima di tornare nel centro per una settimana di rientro e continuare per tutto il corso dell’anno con tre settimane di lavoro a casa e a scuola”.
Nel suo primo anno di applicazione su 42 bambini di età compresa tra i 18 mesi e i 6 anni, secondo i terapisti, sono stati riscontrati miglioramenti in tutti i casi. “In tutti i bimbi, anche in situazioni di estrema gravità- affermano- è stato  infatti rilevato un tangibile miglioramento della capacità di comunicare e di socializzare, di articolare il linguaggio, di reagire agli stimoli esterni”.
Anche il presidente dell’ospedale Bambino Gesù, Giuseppe Profiti, sottolinea i risultati incoraggianti dell’esperienza. “Il motivo fondamentale del nostro investimento in questo campo nasce dalla presa di coscienza dell’insufficienza della risposta al bisogno sollevato da questo tipo di disturbi- afferma- Nel nostro ospedale c’è un afflusso sempre maggiore di pazienti, il 60% dei quali provengono da altre regioni. Con questo trattamento, che si basa sulla precocità della diagnosi, i margini di recupero sono notevoli. Si tratta però solo di una parte di un percorso più lungo e complesso che va integrato con una terapia anche fuori”. Durante il convegno è stato posto l’accento anche sulle metodologie non scientificamente provate, che si rivelano spesso inefficaci o addirittura dannose per i pazienti.
“L’esperienza di Una breccia nel muro ci incoraggia ancor di più a proseguire nel ricorso a trattamenti i cui risultati abbiano solide evidenze scientifiche – aggiunge Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria infantile al Bambino Gesù allertando al contempo i genitori di bimbi con autismo
a diffidare di terapie non validate, spesso inefficaci, se non dannose, e inutilmente costose”.

IMPUGNATURA SCORRETTA

Bernardo ha 4 anni e mezzo e frequenta il secondo anno di scuola materna. Dalle foto pubblicate è possibile notare come egli utilizzi, nel gesto grafico, indistintamente sia la mano destra che quella sinistra, senza mostrare alcun tipo di preferenza, e come, in entrambi i casi, l’impugnatura risulti scorretta.

Lo sviluppo della prensione e dell’impugnatura avvengono attraverso una successione di tappe ben definite, ma con ritmi che possono variare da un individuo all’altro. In ogni caso, solitamente già verso i 2 anni il bambino è in grado di tenere la matita nella mano preferita, ben in fondo verso la punta, usando il pollice e le prime due dita e di scarabocchiare spontaneamente.

A 3 anni, avendo ormai acquisito una sufficiente capacità di guidare lo strumento nella direzione voluta, il bambino è in grado di dare un’organizzazione alle forme che disegna, ad interrompere le linee e a riprenderle dallo stesso punto. Così, la traccia casuale diventa a poco a poco tracciato intenzionale.

Verso i 4 anni riesce a tenere la matita con padronanza, sapendo portare il pollice in opposizione a ciascun dito. E con l’acquisizione di una sempre maggiore sicurezza nell’attività grafo-motoria, si modifica anche la postura. Il bambino comincia a sollevare la testa allentando la tensione muscolare, parallelamente si distanzia col busto dal piano, sollevando leggermente l’avambraccio e il polso.

Quando l’impugnatura, la postura o il posizionamento del foglio sul piano non sono corretti, è possibile incorrere in tensioni muscolari, irrigidimenti e crampi, che possono consolidarsi nel tempo, oltre che in difficoltà visuo – motorie (per la copertura parziale o totale di ciò che si sta scrivendo).

ESEMPIO DI IMPUGNATURA SCORRETTA

Nella rieducazione psicomotoria si dà grande rilievo al rapporto che il bambino ha con lo strumento grafico, perché il miglioramento di questo aspetto sarà fonte di quei benefici che si ripercuoteranno anche sull’intero sistema neuromuscolare e psicomotorio. Risulta da ciò evidente l’opportunità di porre molta attenzione allo sviluppo dei prerequisiti necessari per la scrittura, nel rispetto del ritmo di crescita neuromotoria del bambino, attraverso non solo esperienze di manualità fine e di coordinazione visuo-motoria, ma anche con attività di pregrafismo, da applicarsi sin dalla scuola dell’infanzia a scopo preventivo. L’obiettivo è quello di realizzare un controllo globale del corpo contemporaneamente ad un controllo fine, segmentario, della mano che è essenziale per preparare il bambino alla successiva attività grafica.

 

UN ALTRO ESEMPIO DI IMPUGNATURA SCORRETTA

Dall’ultimo anno di scuola dell’infanzia è possibile giocare con il bambino attraverso esercizi di distensione, di dissociazione motoria e di motricità fine, per prepararlo ad una postura rilassata e ad una buona coordinazione, nonché per facilitare la prensione dello strumento grafico. Per sviluppare la motricità fine, si può proporre, ad esempio, “l’esercizio delle dita a coppie”, in cui si oppongono i polpastrelli del pollice di entrambe le mani a turno con ogni dito, seguendo un certo ritmo e contando ad alta voce, prima in avanti dall’indice al mignolo e poi all’indietro dal mignolo all’indice, o il “gioco delle palline”, nel quale si mima il lancio di una biglia tra il pollice e ogni dito, partendo dall’indice verso il mignolo e poi all’indietro dal mignolo all’indice, contando ad alta voce, prima lentamente e poi aumentando la velocità.

Per una corretta “presa a pinza” nel momento in cui si impugna la matita, con pollice opposto ad indice e medio che sorregge la matita lateralmente, si può proporre l’esercizio del “cannocchiale” che consiste nel far opporre ai bambini indice e pollice di entrambe le mani come per creare due cerchi, mentre le altre dita sono arrotondate e un po’ aperte, e poi far porre le dita così posizionate davanti agli occhi per guardarci attraverso come in un cannocchiale.

Nell’ambito della rieducazione della scrittura si attribuisce molta importanza agli esercizi di motricità fine proprio per la funzione che essi hanno di ristabilire nel bambino un contatto con una delle parti più periferiche del loro corpo costituita dalle dita della mano. Solo in questo modo infatti, il bambino riuscirà a percepire con consapevolezza lo strumento grafico e a conquistare il controllo su di esso.



 

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